mercoledì 7 aprile 2021

2021 IL PRIMO INVERNO DI QUEST'ANNO e IL PRIVILEGIO DELL' EMARGINAZIONE

 

uscendo dalla val setus (sella)

Il 21 Dicembre dell’anno precedente inizia l’inverno se sei già oltre il 31 di quello stesso mese di quello stesso anno. Solo 10 giorni se ne stanno nell’anno scorso ma inizia a fare freddo a Novembre e il freddo autunnale è il più penetrante perché l’aria è umida. Dicembre e Gennaio sono quelli del gelo, dal sole basso e fugace, sulla neve che scricchiola sotto le scarpe anche a sud.

alpago (f. marco garbin)

Quando l’inverno termina sul calendario, come è successo oggi, gli uccelli cantano già da qualche giorno la mattina presto e nell’aria c’è, per la prima volta di quell’anno, l’odore del bosco che prima era sincopato dal freddo che ne impediva l’espandersi. La primavera in montagna è impercettibile e prepotente, a seconda dell’ora della giornata. Il freddo intenso dell’alba lascia velocemente spazio al tepore infuso da un sole che si alza alto nel cielo descrivendo una parabola che ogni anno sembra sempre più ampia.E’ la nostra voglia di calore che ce la fa vivere così, perché in realtà la parabola e sempre la stessa.
alpago (f. marco garbin)


In quella ci insinuiamo con i nostri sci, per salire e scendere dalle montagne. Un sottile gioco del calcolo di esposizione, orario, pendenza e della nostra velocità, complica piacevolmente le cose. Lo scialpinismo, attività alpinistica primaverile per eccellenza, è l’ interpretazione di una natura in veloce metamorfosi giornaliera. Se la si sa interpretare si può parlare di una certa sicurezza nel percorrere le montagne, perché le valanghe se ne stanno ferme nel gelo e semmai si mettono in moto nelle ore più calde. Nel freddo dell’inverno nessuno sa con la stessa esattezza cosa succede all’interno del manto nevoso. Non si può mai essere sicuri di un bel niente.
Il più grande dei pericoli della montagna innevata si può in primavera gestire con regole elementari, ma che non sono così semplici. Contraddizioni apparenti che rendono questa attività molto artistica e piacevole, a patto di essersi preparati a fondo e considerare come pilastri i segnali che la natura stessa ci invia continuamente, lasciando in secondo luogo ogni altro impegno con la vita, perché in montagna con gli sci bisogna vivere, non morire. Già, ma cosa significa tutto ciò?

monte sief-col di lana (f. michele barbiero)

Una guida alpina normalmente deve gestire un’escursione mediando tra capacità e gusti del cliente, ora a cui l’hotel serve la colazione, distanza eventuale in auto da percorrere, tempi di preparazione pre-partenza, dimestichezza con l’attrezzatura e umore di quest’ultimo. E nel frattempo là fuori e lassù la neve fonde, gela, slitta, si contorce nei movimenti della distruzione del cristallo influenzati da milioni di fattori di cui noi “esperti” ne conosciamo si e no una decina. Ce n’è di strada da fare, anche oggi con l’aiuto della tecnologia, ma ancor più davanti alle punte dei nostri sci, nella costante tensione dell’agire, riuscire, soddisfarsi, impegnarsi quanto si può e tornare a valle incolumi e magari col sorriso.

verso la tofana di rozes (f. marco garbin)


Tutto questo, così come l’ho descritto, non è accaduto quest’inverno, il primo del 2021. Il motivo è stato quello della mancanza di lavoro da guida. Ma ogni cosa ha un risvolto positivo, anzi, sovente più d’uno.
Le montagne senza gente, la tanta neve di questa stagione e gli amici.
Si, gli amici. I miei sono quasi tutti guide come me o comunque sono persone che non hanno un lavoro di routine e quindi possono gestirsi il tempo in funzione di quanto ho detto prima, nella fattispecie, nei confronti della neve. Quindi sono state innumerevoli le gite sci alpinistiche fatte tra amici come raramente accadeva e con la possibilità di farlo praticamente ogni giorno di bel tempo. E’ così piacevole che mi verrebbe da sperare che non si torni più alla normalità di prima del Covid, ma pensando a tutto quello che questa pandemia comporta di negativo, in fondo, e per rispetto a chi soffre più di me, mi auguro che questa situazione finisca. Però ci ha dato modo di poterci frequentare a fondo e pure di fare una selezione, creando piccoli nuclei di gente che va d’accordo anche se le discussioni animate non mancano mai.

giorgio manica su stratos -sas dlacia/val badia


Tutte le volte che incontravo un collega era perché si andava in versi opposti e quindi, con il cliente che freme per proseguire, avevi poco tempo per scambiarti quei pareri che poi sono le informazioni più importanti sulle condizioni della montagna. Sembra una nenia ogni volta: com’era la neve? C’era ghiaccio? A che ora siete scesi? Si riesce a passare da lì? Quest’anno il ruscello è sotto la neve? E via così.
Le guide alpine si scambiano continuamente questi feedback allo scopo di sapere. Sapere sempre di più sul proprio posto di lavoro come dei normali lavoratori.
Ora queste discussioni hanno tempo di farsi e di elaborarsi con la giusta calma e questo fa bene ai nostri animi.
Ringrazio i miei compagni di gita di questo primo inverno del 2021, sperando di non dimenticarne qualcuno:

Marco, Michele, Isabel, Tommaso, Nicola, Clemente, Arturo, Sandra, Marta, Deborah, Toni, Nadia, Luca G., Giorgio, Luca, Markino, Giovanni, Arianna, Paddy, Kurt, Franz, Marco P., Nicola C., Drago Gagarin, Enrico, Silvia, Norbert, Checco T.

castelletto di tofana (f. marco garbin)


Ci siamo! Gli impianti di risalita stavolta non hanno chiuso, bensì non hanno mai aperto. Sono facce della stessa medaglia. Per questo diverse. In molti hanno scoperto cose che mai avrebbero pensato esistessero. Nel bene e nel male. Il mio punto di vita privilegiato tra Civetta, Sella, Tofane e Marmolada mi fa sentire che indietro non si torna, almeno per alcuni.
Oserei dire per molti.

ramponi in tinta con la giacca su: spada di damocle-colfosco/val badia (f. michele barbiero)

ghiaccio cosmico sui miei pantaloni
Mi sono sorpreso quando ho sentito dire da operatori locali che la strada su cui eravamo prima della pandemia ci stava portando alla rovina morale riempiendo le nostre tasche (le mie non tanto) e svuotando i nostri cuori. Persone che lavoravano a testa bassa tutta la stagione invernale senza neppure accorgersi che là fuori c’era il paradiso per l’anima. E ora l’hanno scoperto. Alcuni stanno pensando che “dopo” arriveranno turisti nei cui occhi si rifletterà anche la fatica felice e non solo il consumo di cose perché la giostra su cui si era saliti lo imponeva.

Non voglio con queste mie parole deridere albergatori, impiantisti e negozianti ma semmai accentuare quello che adesso è davanti agli occhi di tutti, ovvero che il turismo di montagna può sopravvivere decrescendo e ristabilendo un ordine naturale che si era perso da decenni. Le riconversioni non saranno impossibili e molto probabilmente saranno obbligate. Cerco ovviamente di vedere quello che di buono ha portato la pandemia sulle montagne dal punto di vista morale. Sono conscio che ci sono tutte le implicazioni negative, ma contro quelle possiamo fare ben poco.
E non me la prendo neppure con il Governo, come invece fanno in tanti, perché è facile criticare stando seduti al bar, quando resta aperto.





patentesi sarda, clemente a monte oddeu
Se pochi saggi illuminati predicavano, perlopiù inascoltati, una frenata globale anche tra le vette alpine, ci siamo ritrovati da un momento all’altro di fronte a qualcosa di più grosso di una guerra. Qualcosa provocata dalla natura e la sua forza. Adattamento è il mantra necessario. Considerare la natura un nemico porterebbe a risultati ancora più nefasti.




Cento anni fa la “spagnola” si diffondeva nelle trincee della Grande Guerra uccidendo talvolta più dei cannoni e della follia dei generali seduti in poltrona intenti a spostare confini sulle mappe. In qualche modo l’umanità ce l’ha fatta ed è riuscita persino ad organizzarsi un’altra guerra, neppure troppo tempo dopo.

parentesi sarda, viaggio stupendo in
treno da Pto.Torres a Olbia


Dalle mie parti nelle trincee della prima guerra mondiale ci hanno costruito le piste da sci. Nelle stagioni con poca neve basta spostarsi di poco da una pista battuta per scorgere un filo spinato o un trave di larice inchiodato spuntare dalle rocce. Che contrasto, mi sono sempre detto, quando vedo gli sciatori nei loro vestiti sgargianti e dentro le loro protezioni, dal casco alle armature paracolpi varie, aggirarsi intontiti dalla forza di gravità superata tramite una macchina, laddove un secolo fa ci si uccideva l’un l’altro vestiti di lana e impestati dai pidocchi.
michele barbiero nella galleria di
guerra nella cima fanis di mezzo


Forse l’uomo, da buon predatore, deve sempre sentirsi in odore di attacco e quindi deve anche difendersi. Ultimamente l’atmosfera sulle piste era un po’ così. Ma no, non voglio condannare un sistema bianco e sci- volatore nel quale ho sguazzato anch’io in qualche modo. Mica vorrei vedere tutti fuoripista o con le pelli di foca. Mio padre, a questo proposito e frenando il mio entusiasmo, mi ha sempre ricordato che è una fortuna che gli appassionati di montagna non siano poi così tanti, sennò sai che casino che ci sarebbe!?
Mi rendo conto di essere privilegiato perché vivo sul limitare del bosco in cui posso andare sempre e poi sopra ci sono le montagne, quelle ripide e rocciose, dove posso non sentirmi prigioniero dei dpcm e dove non incontro nessuno o quasi.
In questa stagione ho ritrovato gli amici ai quali non potevo dedicare il tempo che avrei voluto perché dovevo lavorare e riposarmi. E lo stesso è per loro.
sala compressori sullivan nella galleria
di guerra del castelletto

La neve è abbondante e la stagione dello sci durerà ancora mesi, fino ad accavallarsi con quella dell’arrampicata.

Ce ne stiamo quassù dove non ci sono cinema, musei e teatri, che in città ora sono chiusi, a guardare e vivere la natura, senza sforzi che non siano quelli necessari a fare salire gli sci con sotto le pelli di foca. Per poi ritornare sulle nostre tracce quando si scende. Certo che siamo proprio degli stupidi. O no?!

Le foto proseguono:

pausa sarda, viaggio in treno da P.Torres a Olbia

paura su alfredo alfredo a monte oddeu

pausa sarda, de andrè vive

michele barbiero sulla cengia di guerra veronesi-fanis

michele barbiero giù dalla forc. del lago-fanis/scotoni

tofana di rozes da cima fanis di mezzo

discesa dalla cima fanis di mezzo

sotto il castelletto di tofana

campionessa e tofana di rozes (f.michele barbiero)

incerto mattino (cit. alessandro gogna)

Salve Piemonte (f. daniele magnini)

checco tremolada su la varella/val badia

norbert frenademez sopra casa (la varella/val badia)

gita familiare a monte castello: arturo, sandra, Isabel e marta arrancano

mio figlio tommaso e il suo cane drago gagarin nel vallon bianco

mia figlia Isabel mi segue lungo l'alpe di fanes grande/val badia

giù da la varella west (f.checco tremolada)

marta giù dal bosco di monte sief a pochi metri da casa

franz salvaterra sanguina sulla cima brenta

via che non c'è (var.di destra) a
cima brenta (f. franz salvaterra)

col mio socio giovane franz salvaterra sulla cima brenta

con michele barbiero

verso forc.nord di croda rossa d'ampezzo, val de montejela

con norbert frenademetz verso la varella (f. michele barbiero)

mia figlia Isabel sulla scala del
 minighel in tofana (val travenanzes)

la sostenibile leggerezza dello scialpinista, val franzedas/marmolada

Sandra e Isabel si distraggono al cospetto della
 tofana di rozes/monte castello


giù dalla cima loschiusuoi (f., toni bettella)

con michele barbiero e marco garbin sulla cima del taè/val di fanes



Croda Negra. f. Michele Barbiero

Croda Negra, canale nord sotto
la cima f. Michele Barbiero

Sas de Duram, Checco Tremolada
fotografato da Marco Garbin


Canale di Forc. Grande di Fanis f. D.Compagnoni


l'Averau dalla Croda Negra
f. Michele Barbiero

Vento nel Vallone di Antruiles

Tofana di Rozes

Le Tofane dalla Tofana di Rozes

Michele, Norbert e Deborah giù dal Sas de Duram

Michele Barbiero in Marmolada

Tofana di Rozes di nuovo, con Marta

Marta giù dalla Tofana di Rozes

con Marta su per la Tofana di Rozes




in bilico, come nella vita di tutti i giorni (Taè)