sabato 24 dicembre 2016

IN CANOA SUL RIO CHICO, Patagonia Argentina (Santa Cruz)

Kaiquenes in volo
Il bel tempo per scalare a El Chaltén si fa attendere e quindi ne abbiamo approfittato per scendere qualche km del Rio Chico, un fiume ingrossato dalle ultime piogge e nevicate che attraversa una delle zone steppose più vaste della Patagonia Argentina incrociando un solo centro "abitato": Gobernador Gregores.
Il Rio Chico ha uno sviluppo rettilineo di ca. 300 Km. ma quello reale arriva quasi a 1000 perché le infinite anse che lo caratterizzano ne accompagnano il corso costantemente.
Franz a prua con Kaiquen a ore11

Il senso di immensità e solitudine che infondono questi posti è una sensazione che, secondo noi, va provata. Se si ha un po' di dimestichezza con l'acqua, si tratta di alpinismo anche questo. Garantito!
Il vento spinge nel verso giusto per poi imporsi contrario e le anse pare servano a questo. La corrente ti spinge in giù e il vento in su: la canoa è ingovernabile e, se non si rovescia, gira su se stessa come ubriaca.
Cisnes de cuello negro, eleganti e superbi
Non abbiamo foto di quei momenti perché bisogna concentrarsi per non finire a gambe all'aria, ma queste che ne illustrano la calma serale, non sono male, dai...





Da Queste parti vige assoluto il concetto che se in cuor tuo desideri che le cose vadano in un certo modo, puoi stare certo che andranno esattamente alla rovescia!
Patitos feos=I brutti anatroccoli




Quando il vento esagera, l'unica cosa da fare è rinunciare a combattervi contro, lo abbiamo imparato in anni e anni di facciate. Quindi ci si rintana in tenda e meno male che abbiamo delle buone letture e internet è assente.
Come fare capire a molti che: stiamo lavorando!?

Non fa tutto 'sto caldo...
In Patagonia, anche quando la meta è vicina e sembra raggiunta, non è mai così. Infatti spesso negli ultimi metri si frappongono ostacoli per raggiungerla inaspettati, di difficile superamento o comunque mai di poco impegno.
Tra noi e la strada che ci poteva portare fuori dal fiume sembrava ci fosse un innocente prato di un km e invece era molto più lungo ed era solcato da canali d'aqua, paludi e abrojos (cespugli che rilasciano palline spinose che risalgono di loro iniziativa lungo le gambe sotto ai pantaloni). Il tutto sotto lo sguardo interessato di due grossi condor.
Raggiunta la strada la prima "camioneta" che passa (ne passano ca. 5 al giorno) è della Polizia per l'abigeato e ci carica subito.
I poliziotti ci raccontano di banditi e furti di bestiame, in cui loro hanno sempre la meglio, e dopo 30 km ci lasciano nella Stazione di Servizio di Gobernador Gregores. Avete presente Bagdad Café?
MANTECOL a pranzo e remi 10 ore al giorno!

Non si direbbe ma in un paese fantasma e isolato come questo il benzinaio è il posto più frequentato, tanto da indurci inutilmente a fare l'autostop. Si susseguono coppie di argentini con belle mogli dall'aria infelice e rassegnata e mariti in sovrappeso dal fare animalesco, gauchos agghindati a festa con l'immancabile cane al seguito e moltissime persone grasse! Costoro mentre pagano il rifornimento all'auto, consumano dolci chimici, bibite gassate quando non piatti di pasta dall'aria sintetica con su colate di formaggio liquefatto di pessima qualità. 
A parte qualche bambino, siamo gli unici senza sigaretta in bocca.
Questo paese ci colpisce più d'ogni altra cosa perché di una "bruttezza naturale" opprimente. Ci concediamo una cena nel migliore ristorante che si rivela pessima.
Andiamo al Coyote Pub dove campeggia l'insegna che recita: FAST FOOT, come se nutrirsi rapidamente nel posto al mondo in cui il tempo scorre più lento, costituisse motivo di vanto. Ma forse volevano proprio dire "piede veloce", chissà.
Mentre Franz mi fotografa insieme a un Babbo Natale con tanto di slitta e barbona bianca, un ragazzino mi fa le corna da dietro. Ci facciamo una risata mentre il "chico" è ancor più orgoglioso di avere fatto quel gesto quando scopre che siamo italiani. Una faccia una razza.
Quando a notte fonda decidiamo di infilarci nei sacchi a pelo posati sul marciapiede, due fari lontani bucano l'oscurità. E' il bus che speravamo passasse. Ci riporta in 5 ore a El Chaltén dove le nuvole ci aspettavano.


martedì 20 dicembre 2016

PASO MARCONI-GLACIAR CHICO ultima frontiera del trek che sconfina nell'alpinismo nella zona di El Chaltén/O'Higgins


Report del viaggio

"VUELTA Hielo Continental dal Paso Marconi al Lago Chico/O’Higgins e Cerro Torre /Fitz Roy 10-23dic 2016. ITINERARIO INEDITO"


Rientrati a El Chaltén dopo una traversata molto avventurosa, eccoci ora in attesa del tempo buono per scalare. Nel frattempo il mio socio Franz ha redatto un breve report della bella gita appena fatta, che trovate qui:
http://www.francescosalvaterra.com/vuelta-passo-marconi-glaciar-chico/

sabato 10 dicembre 2016

CARRUTILLERA! Patagonia in bicicletta 2016: survived

Non mi succede spesso di pubblicare un resoconto appena tornato da un viaggio, ma 'stavolta mi sono così tanto divertito che sento un bisogno inspiegabile di raccontare un po' la mia soddisfazione.






La CARRUTILLERA (=CARRetera Austral+rUTa 40+CordILLERA Andina Austral, il nome è una mia discutibile invenzione) si è conclusa ieri in quel di La Leona, un vecchio "paradero" (luogo di fermata) patagonico lungo la mitica Ruta 40. Patagonia, Argentina, Santa Cruz.
raggiunta la mitica RUTA40
Marta, il sottoscritto e due validi compagni di pedale, e non solo,  eravamo partiti una decina di giorni fa da El Chaltén in direzione contraria al vento...
Raggiunto faticosamente il lago Desierto lo abbiamo attraversato in barca e ci siamo accampati sulle rive della Punta Norte. Da lì si varca la frontiera col Cile, si spinge la bici, ma si pedala anche un poco, lungo i 6 km di sentiero che portano a una bellissima mulattiera che in saliscendi -più scendi che sali- ci ha depositati sulle rive del bellissimo lago S.Martin/O'Higgins.
Ovviamente le foto più belle non le metto qui.
Qui dovevamo prendere il ferry che lo attraversa tutto fino a Villa O'Higgins ma il maltempo, leggi vento forte -siamo in Patagonia checaspiterina- lo impediva. Quindi abbiamo aspettato due giorni a Candelario Mancilla (se cliccate qui a destra su "Patagonia in bicicletta" vedrete itinerario, mappe, ecc) e poi abbiamo salpato tra le onde azzurre.
Da questo remoto villaggio abbiamo risalito la Carretera Austral fino alla deviazione per Paso Mayer che si trova al termine di una strada appena costruita.
Lasciata la frontiera cilena un fiume neppure tanto piccolo rappresenta il seguito dell'itinerario verso l'Argentina. I guadi sono una decina e neppure tutti facili. Siamo fradici ma spingiamo sui pedali perché sappiamo che troveremo una strada, ma dove? Boschi, ghiaioni, praterie e acqua, tanta acqua ci circondano e trovare il percorso è complicatissimo. Non mi aspettavo una cosa tanto complicata ma ora ci siamo e bisogna ballare come suona la musica.
Il mio fiuto mi guida ma non è infallibile, ovviamente, ma troviamo la mitica "passerella" che Don Ramiro ha costruito per le sue pecore. Ci avevano detto anche che il Ramiro non vuole che la gente ci passi sopra, ma oggi chissà lui dove sarà e non lo vediamo. Mannaggia, poteva farla un po' più larga! Traballa pericolosamente sulle rapide del Rio Carreras facendoci credere al suo termine che avremo avuto vita facile.
Ci sbagliamo, e vaghiamo per boschi, guadi, impronte di puma, uccelli di ogni sorta e finte tracce fino a notte, quando...si spezza il portapacchi della mia bici. Siamo senza saperlo a pochi metri dalla Gendarmeria Argentina e inizia a piovere.
I gendarmi ci accolgono calorosamente e ci fanno accampare vicino alla loro casermetta offrendoci un "quincho" (=focolare con tetto) dove facciamo un falò per asciugare noi e i vestiti.
Il giorno dopo si snoda tra praterie, fiumi impetuosi e montagne, ma su strada buona! Pranzando su un prato senza fine invaso da volatili, volpi curiose, guanacos curiosi pure loro e lepri, facciamo asciugare le tende e ripartiamo. Usciamo improvvisamente dalla Cordillera e ci si para di fronte la temuta Estepa Patagonica: un deserto secco, ventoso e freddo tagliato solo dalla linea retta della strada. Intorno a noi la presenza dell'essere umano è inesistente. Non che fino a qui abbiamo incontrato tanta gente, anzi, ma nell'estepa la sensazione di agorafobia (il contrario della claustrofobia) ti prende anche se non ne soffri. Diciamo che qui potresti iniziare a soffrirne.
guadi
Le Estancias (fattorie) sono qua e là ma a 20/30 km dalla strada e chissà se sono aperte -saperlo non è possibile- e noi siamo in bici e carichi. Non è esattamente come quando si passa da qui in macchina, insomma.
Troviamo asilo nella più vicina alla nostra strada, a soli 5 km, dove ci viene offerto per la notte il "Galpon de esquila" il capannone dove si tosano le pecore. Ci accomodiamo contenti perché nella notte diluvierà facendo vibrare le lamiere ondulate del capannone mentre ronfiamo, anche per questo, soddisfatti. E dire che fantasticavamo di arrosti e buon vino. Invece: cous cous e ceci.
L'alba è radiosa e in Italia scopriamo che ha vinto il NO.
Il vento ci spinge e ci frena ma noi andiamo avanti: indietro non si torna! Faccio mio il motto di Fridtjof Nansen in queste situazioni: FRAM! (=avanti! in norvegese), non mi costa nulla, se non pedalare come forsennati.
E infine l'asfalto. Nero, diritto e interminabile sotto a un cielo di nuvole grandi e sporadiche che lasciano passare neri temporali lontani e un sole implacabile. Il vento rinfresca e noi andiamo letteralmente arrosto per quanto riguarda la pelle delle nostre facce.
All'estancia L'Angostura sul Rio Chico capiamo che il ritardo di 2 giorni, dovuto alla barca sul lago S.Martin/O'Higgins, non ci permette di rispettare la nostra indicativa tabella di marcia. D'altronde questo viaggio è un'esplorazione del percorso per perfezionarlo e ripeterlo certamente, ma ora dobbiamo farci portare in auto per quasi 100 km.
La camioneta ci deposita nel luogo pattuito: il nulla! Vento, polvere e desolazione. Neppure un cespuglio per ripararci un momento. E il vento è davvero fastidioso e invadente. Riprendiamo a pedalargli duramente contro fino a una curva dietro la quale lui -il vento- diviene a favore e...voliamo per 40 km fino a Tres Lagos: il primo paese che incontriamo dopo giorni in territorio argentino. Ci sembra una cattedrale nel deserto, anzi, lo è e ci sediamo a lato del biliardo di un bar per gauchos a trangugiare milanesas y papas fritas (questo non lo traduco) e a bere birra a fiumi.
Il giorno seguente è di quelli rari da queste parti. In fondo all'estepa appaiono le montagne: il Cerro Torre e il Fitz Roy su tutte, ma si vedono bene anche le punte minori e i massicci all'interno dello Hielo Continental. Insomma una visione assurdamente divina.
Ormai divoriamo i kilometri come gallette e si avrebbe voglia di non smettere mai di pedalare, mi era già successo, ma dobbiamo farlo perché domani l'aereo porterà Franz, Beatrice e Marta a casa. Io resto ancora un mese e mezzo.
E' un giro in bicicletta estremamente bello ma anche molto avventuroso e sconsigliabile a chi ama la comodità e la certezza. Un vero viaggio, insomma.
LEGGI QUI IL DIARIO DEL VIAGGIO DI Beatrice Carli Moretti