lunedì 21 luglio 2014

C'era una volta Passo Sella

Luglio 2014,
lo so, lo so che invecchiando affiora sempre più la nostalgia degli anni passati e di com'erano certe cose prima, ma non resisto a denunciare una società complice del proprio degrado della quale non mi sento assolutamente di far parte. Siete liberi di non leggere oltre. E proprio per questo so che andrete avanti.
La lentezza è il vero lusso di oggi
Passo Sella nelle Dolomiti ha rappresentato per me un luogo magico e di sogno quando lo raggiungevo nella notte dopo ore di viaggio, a volte in Vespa, da Genova negli anni ('70 e primi '80) in cui vivevo là.
Ci si accampava nelle vicinanze della cabinovia del Sassolungo in maniera naturale, tra la tendopoli che affollava lo spiazzo vicino alla strada, e il giorno seguente c'erano tutt'attorno le montagne per scalare e i prati per oziare beatamente.
Il campeggio libero non era solo tollerato ma semplicemente un atto dovuto agli alpinisti perchè ancora si ricordava che erano stati LORO a far scoprire le Dolomiti al mondo!
Oggi a Passo Sella tutto è cambiato. Solo la vecchia cabinovia del Sassolungo è rimasta la stessa a fare da testimone di un epoca che non c'è più, prima di essere sostituita sicuramente da un impianto potentissimo che soddisfi le esigenze della propaganda politica UNESCO.
Pochi giorni fa un ragazzo giovane che lavora al nuovo parcheggio a pagamento del nuovo "Rifugio pentastellato" (?) mi ha guardato molto meravigliato quando gli ho chiesto se poteva indicarmi un posto dove lasciare l'auto senza pagare. "Ma sono solo 5 euro" mi ha detto stupito dalla mia domanda.
Io ho detto che non avrei MAI pagato per lasciare la mia auto lì a costo di parcheggiarla in un luogo distante e farmi a piedi il tragitto.
Una coda di automobilisti dai SUV bianchi con cagnolino Dudù e moglie annoiata all'interno aspettava scocciata che lasciassi libero l'ingresso del parcheggio e la smettessi di parlare con il giovane custode. Infatti poco dopo me ne sono andato ed ho trovato un posto per l'auto neppure troppo distante.
Nel ripercorrere quei pochi metri a piedi vedevo il Passo dall'alto e stentavo a riconscere il vecchio piazzale dove campeggiavano gli alpinisti provenienti da mezzo mondo a bordo di vecchi pullmini, auto di fortuna e qualche moto. Tutto era diradato, lento e sudato.
Oggi gli alpinisti hanno pullmini da 80mila euro e vanno in hotel ma molti poi fanno solo le vie di 4° grado che noi evitavamo per principio perché troppo facili.
Mica mi facevo 500 km per salire lo spigolo del Pollice?! Come minimo dovevamo portare a casa 3 o 4 vie di 6° grado al week end, di cui una almeno di sviluppo superiore ai 600m! Che cazzo!
Mi chiedevo, poi più sul serio, che il giovane addetto al parcheggio che non capiva le mie parole aveva davanti tutta una vita nella quale avrebbe potuto ribellarsi a questo sistema impostato solo sul profitto, ma allo stesso tempo sembrava che non avesse nessuna intenzione di farlo e mi dispiaceva per lui.
La coda delle auto paganti si allungava sempre più e il parcheggio presto si era riempito di mezzi e soldoni. Che il proprietario dello spiazzo guadagni pure tutti i soldi che vuole, per carità, ma non avrà mai i miei in cambio delle montagne che vado a godermi, perché sono convinto che la Natura sia di tutti e che vada vissuta estremamente gratis.
Mentre aspettavo il mio compagno di cordata, che ha parcheggiato regolarmente a pagamento senza neppure accorgersene e meravigliandosi che io non volessi piegarmi a tanta assurdità, mi sono sfilati davanti un po' di gitanti profumati da deodoranti terribili (una volta i gitanti odoravano di sano sudore e non di profumi artificiali) che andavano a mangiare il pesce al Rifugio Comici, motociclisti grassi e accaldati dalle loro tute pesanti e nere (che ormai sono i padroni incontrastati di curve e passi), mountainbikers a noleggio con la gopro attaccata ovunque e già collegata a facebook e un signore che indicava ai suoi accompagnanti il Sassolungo chiamandolo Civetta. E poi ditemi come potrei ignorare tanta bruttezza.



giovedì 10 luglio 2014

Dolomites Via FERRATA experience by Ben Rowley

Alta Via Fanis, Eastern Dolomites
An interesting article by a british journalist guided by me on the last summer!


sabato 5 luglio 2014

SELVAGGIO BLU la Variante che (quasi) tutti aspettavano!


Nella lingua baunese per indicare un luogo difficile da percorrere, ripido e pericoloso si usa la parola “ledere”, come a indicare le conseguenze di una caduta mentre lo si tenta di attraversare. Un monito, insomma. Un avvertimento da tenere in grande considerazione se si conoscono i pastori di Baunei, abituati da sempre a muoversi su un terreno che più impervio non si può, quando non decisamente verticale e roccioso da sconfinare sicuramente nell'alpinismo che con il pascolo ha ben poco a che vedere.
Proprio un “ledere” si trovarono davanti Peppino Cicalò e Mario Verin mentre cercavano un passaggio tra le foreste sospese tra Cala Goloritzé e Ispuligidenie sul finire degli anni 80. Inutili furono i tentativi di attraversare questa zona costiera che collega comunque con un impervio sentiero, oggi abbandonato, tre boschi isolati tra loro da irti speroni rocciosi, e quindi i due “esploratori” si diressero alla gola di Boladina dove ad oggi transita l’allora neonato sentiero Selvaggio Blu.
Cala Goloritzè e Punta Iltiera viste dal bosco di Ispuligi appena superato
Da anni, con gli amici locali Antonio Cabras della Coop Goloritzè e i ragazzi della Grotta del Fico, si fantasticava (e si provava in numerose incursioni esplorative) che si doveva trovare il passaggio misterioso ma che non doveva essere troppo difficile per non stravolgere la consolidata essenza di Selvaggio Blu. Non eravamo i primi ad averci pensato perché

percorso della variante attrezzata
...che più ledere non si può!
i pastori di capre baunesi Ziu Cherzu e Ziu Abiolu, rispettivamente occupanti i territori di Goloritzé e Ispuligidenie , si erano detti tanti anni addietro che avrebbero potuto costruire una Iscala Fustes (sorta di ponte in rami di ginepro utilizzato per attrezzare passaggi particolarmente esposti) e collegare i loro ovili, utilizzando addirittura dei tubi Innocenti per via della lunghezza del tratto verticale da superare, ma mai lo fecero. Il motivo era che le loro rispettive capre lo avrebbero utilizzato per spostarsi da un bosco all’altro mischiando le greggi intaccando sicuramente i buoni rapporti di vicinato tra i due pastori. I tempi  trascorsero,le cose cambiarono e le zone di pascolo più remote del territorio vennero abbandonate.
Claudio e Marcello durante l'attrezzatura. Sullo sfondo Cala Goloritzé e l'Aguglia
Finché nel maggio del 2013 Luca Gasparini e Marcello Cominetti, individuarono un punto, che con poco più di 30 m di arrampicata risolse il collegamento tra i sentieri per poter unire Cala Goloritzé a Cala Ispuligedenie senza risalire la gola di Boladina e percorrere la Serra e’ Lattone. Il tratto di arrampicata, però, era tutt’altro che facile, sicuramente impraticabile per un escursionista anche esperto, quindi nel giugno del 2014 Mario Muggianu, Claudio Calzoni, Nicola Collu, gestori della vicina Grotta del Fico, e Marcello Cominetti, ottenuto un finanziamento dalla ditta SCARPA per l’acquisto dell’attrezzatura in acciaio inox, hanno attrezzato con 30 m di cavo e qualche gradino il famoso passaggio.
Mario sul traverso
Utilizzando alcuni tronchi in ginepro per rendere più agevole il passaggio in onore alle tradizioni pastorali locali, ora il tratto verticale è percorribile con kit da via ferrata (consigliato) e presenta una difficoltà tecnica non superiore a quella originaria del resto dell’itinerario Selvaggio Blu pur essendo di estrema spettacolarità per la notevole esposizione dei passaggi che però sono ben assicurati.
Non nascondo che nell'attrezzare questo passaggio ci siamo posti molti interrogativi di carattere "etico" legati prima di tutto alla condizione unica che gode questo eccezionale territorio dal punto di vista estetico e ambientale, e in secondo luogo all'essenza che il sentiero Selvaggio Blu si è guadagnato negli anni, grazie proprio alle prerogative di poc'anzi. Crediamo di avere fatto un buon lavoro aprendo una possibilità senza offendere nulla e nessuno ma consapevoli del fatto che per preservare totalmente un luogo sarebbe meglio non andarci. Ci auguriamo che i frequentatori futuri siano intelligenti e rispettosi come lo sono quasi sempre stati da queste parti, sicuramente sostenuti e intimoriti da una natura così prepotentemente bella.
Ora “su ledere ‘e Goloritzé” è meno impervio di prima ma resta ben lungi dal potersi considerare un normale sentiero, semplicemente perché non lo è affatto.
Questo percorso si propone come variante all’originale, aprendo la percorrenza del lungo tratto costiero tutto sospeso sul mare di Ispuligi fino ai grottoni che precedono Bacu Mudaloru, in corrispondenza della calata in corda,  dove i due itinerari si ricollegano.
Inutile dire che le difficoltà di orientamento e sicurezza, dovute al fatto che questo insieme di sentieri è rarissimamente percorso, non sono per gli inesperti e il tratto attrezzato presuppone la conoscenza delle necessarie tecniche alpinistiche e viene percorso da ognuno a proprio rischio e pericolo.
Claudio lungo il tratto finale attrezzato
Luca in pieno "ledere"...
Resta da sottolineare che al momento il tratto di sentiero che collega Goloritzé al passaggio attrezzato che porta al bosco di Ispuligi è molto pericoloso e dovrà essere aggiustato in più punti. Al momento ci sono alcuni ancoraggi per poter fare sicura con la corda nei punti più esposti ma percorrerlo ora è molto pericoloso e complicato, quindi impegnativo sotto ogni aspetto.
Claudio alla fine dell'esposto traverso
Selvaggio Blu ha così riacquistato un nuovo interesse ad essere percorso anche da chi lo aveva già fatto, e la bellezza e spettacolarità di questa notevole variante potranno solo accrescere la già nota bellezza di uno dei più bei percorsi a piedi per buoni escursionisti che esistano al mondo!

martedì 1 luglio 2014

ALBERTO NASSETTI un pilota, un alpinista, un amico, un sognatore e molto altro

20 anni fa, ai comandi dell'aereo che per Airbus stava collaudando, perse la vita Alberto, un ragazzo che avevo conosciuto negli anni '80 e con cui avevo fatto diverse salite alpinistiche nelle Dolomiti.
Con Alberto, che era anche un ottimo fotografo, avevo un'affinità che raramente ho avuto con altre persone che ho accompagnato in montagna, per questo pubblico volentieri il video che suo fratello Filippo ha realizzato.

Per vederlo basta cliccare qui: