sabato 24 dicembre 2016

IN CANOA SUL RIO CHICO, Patagonia Argentina (Santa Cruz)

Kaiquenes in volo
Il bel tempo per scalare a El Chaltén si fa attendere e quindi ne abbiamo approfittato per scendere qualche km del Rio Chico, un fiume ingrossato dalle ultime piogge e nevicate che attraversa una delle zone steppose più vaste della Patagonia Argentina incrociando un solo centro "abitato": Gobernador Gregores.
Il Rio Chico ha uno sviluppo rettilineo di ca. 300 Km. ma quello reale arriva quasi a 1000 perché le infinite anse che lo caratterizzano ne accompagnano il corso costantemente.
Franz a prua con Kaiquen a ore11

Il senso di immensità e solitudine che infondono questi posti è una sensazione che, secondo noi, va provata. Se si ha un po' di dimestichezza con l'acqua, si tratta di alpinismo anche questo. Garantito!
Il vento spinge nel verso giusto per poi imporsi contrario e le anse pare servano a questo. La corrente ti spinge in giù e il vento in su: la canoa è ingovernabile e, se non si rovescia, gira su se stessa come ubriaca.
Cisnes de cuello negro, eleganti e superbi
Non abbiamo foto di quei momenti perché bisogna concentrarsi per non finire a gambe all'aria, ma queste che ne illustrano la calma serale, non sono male, dai...





Da Queste parti vige assoluto il concetto che se in cuor tuo desideri che le cose vadano in un certo modo, puoi stare certo che andranno esattamente alla rovescia!
Patitos feos=I brutti anatroccoli




Quando il vento esagera, l'unica cosa da fare è rinunciare a combattervi contro, lo abbiamo imparato in anni e anni di facciate. Quindi ci si rintana in tenda e meno male che abbiamo delle buone letture e internet è assente.
Come fare capire a molti che: stiamo lavorando!?

Non fa tutto 'sto caldo...
In Patagonia, anche quando la meta è vicina e sembra raggiunta, non è mai così. Infatti spesso negli ultimi metri si frappongono ostacoli per raggiungerla inaspettati, di difficile superamento o comunque mai di poco impegno.
Tra noi e la strada che ci poteva portare fuori dal fiume sembrava ci fosse un innocente prato di un km e invece era molto più lungo ed era solcato da canali d'aqua, paludi e abrojos (cespugli che rilasciano palline spinose che risalgono di loro iniziativa lungo le gambe sotto ai pantaloni). Il tutto sotto lo sguardo interessato di due grossi condor.
Raggiunta la strada la prima "camioneta" che passa (ne passano ca. 5 al giorno) è della Polizia per l'abigeato e ci carica subito.
I poliziotti ci raccontano di banditi e furti di bestiame, in cui loro hanno sempre la meglio, e dopo 30 km ci lasciano nella Stazione di Servizio di Gobernador Gregores. Avete presente Bagdad Café?
MANTECOL a pranzo e remi 10 ore al giorno!

Non si direbbe ma in un paese fantasma e isolato come questo il benzinaio è il posto più frequentato, tanto da indurci inutilmente a fare l'autostop. Si susseguono coppie di argentini con belle mogli dall'aria infelice e rassegnata e mariti in sovrappeso dal fare animalesco, gauchos agghindati a festa con l'immancabile cane al seguito e moltissime persone grasse! Costoro mentre pagano il rifornimento all'auto, consumano dolci chimici, bibite gassate quando non piatti di pasta dall'aria sintetica con su colate di formaggio liquefatto di pessima qualità. 
A parte qualche bambino, siamo gli unici senza sigaretta in bocca.
Questo paese ci colpisce più d'ogni altra cosa perché di una "bruttezza naturale" opprimente. Ci concediamo una cena nel migliore ristorante che si rivela pessima.
Andiamo al Coyote Pub dove campeggia l'insegna che recita: FAST FOOT, come se nutrirsi rapidamente nel posto al mondo in cui il tempo scorre più lento, costituisse motivo di vanto. Ma forse volevano proprio dire "piede veloce", chissà.
Mentre Franz mi fotografa insieme a un Babbo Natale con tanto di slitta e barbona bianca, un ragazzino mi fa le corna da dietro. Ci facciamo una risata mentre il "chico" è ancor più orgoglioso di avere fatto quel gesto quando scopre che siamo italiani. Una faccia una razza.
Quando a notte fonda decidiamo di infilarci nei sacchi a pelo posati sul marciapiede, due fari lontani bucano l'oscurità. E' il bus che speravamo passasse. Ci riporta in 5 ore a El Chaltén dove le nuvole ci aspettavano.


martedì 20 dicembre 2016

PASO MARCONI-GLACIAR CHICO ultima frontiera del trek che sconfina nell'alpinismo nella zona di El Chaltén/O'Higgins


Report del viaggio

"VUELTA Hielo Continental dal Paso Marconi al Lago Chico/O’Higgins e Cerro Torre /Fitz Roy 10-23dic 2016. ITINERARIO INEDITO"


Rientrati a El Chaltén dopo una traversata molto avventurosa, eccoci ora in attesa del tempo buono per scalare. Nel frattempo il mio socio Franz ha redatto un breve report della bella gita appena fatta, che trovate qui:
http://www.francescosalvaterra.com/vuelta-passo-marconi-glaciar-chico/

sabato 10 dicembre 2016

CARRUTILLERA! Patagonia in bicicletta 2016: survived

Non mi succede spesso di pubblicare un resoconto appena tornato da un viaggio, ma 'stavolta mi sono così tanto divertito che sento un bisogno inspiegabile di raccontare un po' la mia soddisfazione.






La CARRUTILLERA (=CARRetera Austral+rUTa 40+CordILLERA Andina Austral, il nome è una mia discutibile invenzione) si è conclusa ieri in quel di La Leona, un vecchio "paradero" (luogo di fermata) patagonico lungo la mitica Ruta 40. Patagonia, Argentina, Santa Cruz.
raggiunta la mitica RUTA40
Marta, il sottoscritto e due validi compagni di pedale, e non solo,  eravamo partiti una decina di giorni fa da El Chaltén in direzione contraria al vento...
Raggiunto faticosamente il lago Desierto lo abbiamo attraversato in barca e ci siamo accampati sulle rive della Punta Norte. Da lì si varca la frontiera col Cile, si spinge la bici, ma si pedala anche un poco, lungo i 6 km di sentiero che portano a una bellissima mulattiera che in saliscendi -più scendi che sali- ci ha depositati sulle rive del bellissimo lago S.Martin/O'Higgins.
Ovviamente le foto più belle non le metto qui.
Qui dovevamo prendere il ferry che lo attraversa tutto fino a Villa O'Higgins ma il maltempo, leggi vento forte -siamo in Patagonia checaspiterina- lo impediva. Quindi abbiamo aspettato due giorni a Candelario Mancilla (se cliccate qui a destra su "Patagonia in bicicletta" vedrete itinerario, mappe, ecc) e poi abbiamo salpato tra le onde azzurre.
Da questo remoto villaggio abbiamo risalito la Carretera Austral fino alla deviazione per Paso Mayer che si trova al termine di una strada appena costruita.
Lasciata la frontiera cilena un fiume neppure tanto piccolo rappresenta il seguito dell'itinerario verso l'Argentina. I guadi sono una decina e neppure tutti facili. Siamo fradici ma spingiamo sui pedali perché sappiamo che troveremo una strada, ma dove? Boschi, ghiaioni, praterie e acqua, tanta acqua ci circondano e trovare il percorso è complicatissimo. Non mi aspettavo una cosa tanto complicata ma ora ci siamo e bisogna ballare come suona la musica.
Il mio fiuto mi guida ma non è infallibile, ovviamente, ma troviamo la mitica "passerella" che Don Ramiro ha costruito per le sue pecore. Ci avevano detto anche che il Ramiro non vuole che la gente ci passi sopra, ma oggi chissà lui dove sarà e non lo vediamo. Mannaggia, poteva farla un po' più larga! Traballa pericolosamente sulle rapide del Rio Carreras facendoci credere al suo termine che avremo avuto vita facile.
Ci sbagliamo, e vaghiamo per boschi, guadi, impronte di puma, uccelli di ogni sorta e finte tracce fino a notte, quando...si spezza il portapacchi della mia bici. Siamo senza saperlo a pochi metri dalla Gendarmeria Argentina e inizia a piovere.
I gendarmi ci accolgono calorosamente e ci fanno accampare vicino alla loro casermetta offrendoci un "quincho" (=focolare con tetto) dove facciamo un falò per asciugare noi e i vestiti.
Il giorno dopo si snoda tra praterie, fiumi impetuosi e montagne, ma su strada buona! Pranzando su un prato senza fine invaso da volatili, volpi curiose, guanacos curiosi pure loro e lepri, facciamo asciugare le tende e ripartiamo. Usciamo improvvisamente dalla Cordillera e ci si para di fronte la temuta Estepa Patagonica: un deserto secco, ventoso e freddo tagliato solo dalla linea retta della strada. Intorno a noi la presenza dell'essere umano è inesistente. Non che fino a qui abbiamo incontrato tanta gente, anzi, ma nell'estepa la sensazione di agorafobia (il contrario della claustrofobia) ti prende anche se non ne soffri. Diciamo che qui potresti iniziare a soffrirne.
guadi
Le Estancias (fattorie) sono qua e là ma a 20/30 km dalla strada e chissà se sono aperte -saperlo non è possibile- e noi siamo in bici e carichi. Non è esattamente come quando si passa da qui in macchina, insomma.
Troviamo asilo nella più vicina alla nostra strada, a soli 5 km, dove ci viene offerto per la notte il "Galpon de esquila" il capannone dove si tosano le pecore. Ci accomodiamo contenti perché nella notte diluvierà facendo vibrare le lamiere ondulate del capannone mentre ronfiamo, anche per questo, soddisfatti. E dire che fantasticavamo di arrosti e buon vino. Invece: cous cous e ceci.
L'alba è radiosa e in Italia scopriamo che ha vinto il NO.
Il vento ci spinge e ci frena ma noi andiamo avanti: indietro non si torna! Faccio mio il motto di Fridtjof Nansen in queste situazioni: FRAM! (=avanti! in norvegese), non mi costa nulla, se non pedalare come forsennati.
E infine l'asfalto. Nero, diritto e interminabile sotto a un cielo di nuvole grandi e sporadiche che lasciano passare neri temporali lontani e un sole implacabile. Il vento rinfresca e noi andiamo letteralmente arrosto per quanto riguarda la pelle delle nostre facce.
All'estancia L'Angostura sul Rio Chico capiamo che il ritardo di 2 giorni, dovuto alla barca sul lago S.Martin/O'Higgins, non ci permette di rispettare la nostra indicativa tabella di marcia. D'altronde questo viaggio è un'esplorazione del percorso per perfezionarlo e ripeterlo certamente, ma ora dobbiamo farci portare in auto per quasi 100 km.
La camioneta ci deposita nel luogo pattuito: il nulla! Vento, polvere e desolazione. Neppure un cespuglio per ripararci un momento. E il vento è davvero fastidioso e invadente. Riprendiamo a pedalargli duramente contro fino a una curva dietro la quale lui -il vento- diviene a favore e...voliamo per 40 km fino a Tres Lagos: il primo paese che incontriamo dopo giorni in territorio argentino. Ci sembra una cattedrale nel deserto, anzi, lo è e ci sediamo a lato del biliardo di un bar per gauchos a trangugiare milanesas y papas fritas (questo non lo traduco) e a bere birra a fiumi.
Il giorno seguente è di quelli rari da queste parti. In fondo all'estepa appaiono le montagne: il Cerro Torre e il Fitz Roy su tutte, ma si vedono bene anche le punte minori e i massicci all'interno dello Hielo Continental. Insomma una visione assurdamente divina.
Ormai divoriamo i kilometri come gallette e si avrebbe voglia di non smettere mai di pedalare, mi era già successo, ma dobbiamo farlo perché domani l'aereo porterà Franz, Beatrice e Marta a casa. Io resto ancora un mese e mezzo.
E' un giro in bicicletta estremamente bello ma anche molto avventuroso e sconsigliabile a chi ama la comodità e la certezza. Un vero viaggio, insomma.
LEGGI QUI IL DIARIO DEL VIAGGIO DI Beatrice Carli Moretti

venerdì 14 ottobre 2016

LA FOTO A ME PIU' CARA

Se levo quelle familiari, l'immagine fotografica che guardo con più piacere è questa che mi ritrae con il mio amico Sandro Pansini, mentre dormiamo stanchi a la Brecha de los Italianos sul versante sud-est del Fitz Roy in Patagonia.
Sandro e Marcello a la Brecha de los Italianos (Fitz Roy 1992)

La foto ci è stata scattata da Cesare Sartori con una Rollei 35 Tessar con pellicola per diapositive Kodak 64 Asa il 24 novembre 1992, intorno alle 10.
Cesare era il mio cliente, un "folle" (nel senso buono) che voleva scalare il Cerro Torre, su cui avevamo fatto un tentativo pochi giorni prima, arrestatosi già prima di raggiungere la "spalla" o Colle della Pazienza, lungo la via del Compressore del 1970.
le nostre borse di plastica
e il Cerro Torre

La neve era troppa e non si andava avanti e forse era anche troppo presto perché una guida alpina facesse una cosa del genere accompagnando un cliente.
Andare al Fitz fu un ripiego. La via franco-argentina allora a me non interessava per niente e neppure ne sapevo molto. Ma sul Fitz Roy c'era meno neve e il cielo sembrava regalarci qualche giorno di bel tempo.
Nel 1992 praticamente sulla montagna non c'era nessuno, a parte Ermanno Salvaterra e Adriano Cavallaro che avevano salito la via qualche ora prima di noi.
Sandro "en basquettes"
al nono tiro della via
Erano tempi diversi, in cui appena il cielo si apriva si partiva senza sapere quale sarebbe stata l'evoluzione meteorologica, ma sperando di avere il tempo necessario per fare una via e non dover combattere contro una di quelle terrificanti tempeste che purtroppo già conoscevamo molto bene.
Eravamo arrivati in cima al Fitz la sera del giorno precedente e la discesa ci aveva richiesto gran parte della notte. C'eravamo anche persi al buio perché le calate sono tutte in diagonale. Con le prime luci del mattino eravamo arrivati a la Brecha dove ci siamo fermati per un riposino mentre nevischiava, ma non ce ne importava più di tanto.

lungo la via franco-argentina
Avevo portato pochissimo materiale da scalata e Ermanno quando mi ha visto mi ha suggerito di prendere dei moschettoni dalle calate in caso ne avessi avuto bisogno, ma non ce ne fu.
Sapevo, come lo so oggi, che una salita ce l'hai in tasca quando sei ritornato vivo alla civiltà e mai prima. Quindi lì alla Brecha sapevo che mancava ancora molto e, nonostante il più fosse fatto, non mi sono mai sentito alla fine delle mie responsabilità di guida. Non potevo.
potremo essere in un posto qualsiasi
ma siamo in cima al Fitz Roy
Sandro sapevo che era un compagno fidato e forte, tanto da salire come se niente fosse, tutta la via in scarpe da ginnastica. Averlo con me mi ha sicuramente dato un aiuto enorme sotto ogni punto di vista, non ultimo quello di condividere un fatto così importante della mia vita di guida e non solo, con un amico.
una fin troppo nota skyline
Riuscii a sentirmi a posto quando Cesare mise anche il secondo piede sulle rive meridionali della Laguna de los Tres ancora ghiacciata. Da lì solo un facile sentiero ci separava dal villaggio e non scorderò mai lo sguardo di felicità che mi scambiai con Sandro quando questo accadde.

giovedì 1 settembre 2016

PROSSIME PARTENZE 2016-'17

Tommi Cominetti e Manuel Agreiter...
a passeggio sotto il NUPTSE (Nepal, Everest Region)
Clicca sul nome per accedere alla scheda dettagliata

4-10 ottobre
Grecia isola di CRETA trekking E4 da Sfakia a Paleochora con pernottamenti e cene in hotel.
Zaini leggeri e tanta meraviglia mediterranea lungo un sentiero costiero che interseca le gole di Samarià e altri canyons. Spiagge, bagni giornalieri, cibi tipici e tanta ospitalità. 650€+volo.

26ott/1novembre
Sardegna Trekking Selvaggio Blu, ormai un classico che propongo da prima che si chiamasse così, ovvero dal 1984, e che ha superato sempre le aspettative in termini di bellezza e remuneratività di chi lo ha percorso. 750€.

25ott/8nov
Nepal, Trekking al Campo Base dell'Everest con salita escursionistica del Kala Pathar 5650 m. In molti dicono che sui sentieri del Khumbu si fa la coda ma forse non ci sono mai stati. La bellezza e l'interesse culturale che un luogo, inevitabilmente divenuto classico, offre, sono sicuramente ineguagliabili. Quindi se amate il viaggio a piedi e siete curiosi e in buona salute (non servono altre doti) potete partire per uno dei più bei viaggi al mondo che un camminatore possa immaginare. Sinceramente, dopo averlo percorso almeno una trentina di volte, non mi ha mai stufato. Figuriamoci alla prima volta! 2250€+volo.
FINALE FOR NEPAL 23-25 sett. 2016 (ven. 23/9 Il Cerro Torre secondo me, ore 21 c/o Chiostri di S.Caterina a Finalborgo SV e dom. 25 ore 18.30 musica in piazza con i Frozen Rats)

26nov/10dic
Patagonia in Bicicletta. Da El Chaltén a Tres Lagos attraverso il Lago del Desierto (Argentina), Lago O'Higgins-S.Martin, (Cile), Rio Mayer, Carretera Austral e Ruta 40... Un percorso per poco ancora inedito, possibile solo da pochissimi giorni perché è in fase di ultimazione il ponte sul Rio Mayer. Diverrà sicuramente un classico, approfittiamone prima... 2050€.

10-23dic
Patagonia, "Vuelta" sullo Hielo Continental Sur entrando dal Paso Marconi e uscendo in Cile sul Lago O'Higgins-S.Martin. Anche questo è un inedito (per escursionisti piuttosto tosti) che proponiamo (con il mio amico e collega Franz Salvaterra) grazie alla profonda conoscenza dei luoghi maturata in decenni di scalate, esplorazioni e scorribande a vario titolo da quelle parti. 2300€.

1-19gen. 2017
Vuoi tentare la scalata a una cima patagonica? Abbiamo salito con clienti il Cerro Torre, il Fitz Roy (nel 1992!) e molte altre cime limitrofe. Garantiamo solo ESPERIENZA, che in Patagonia è la cosa più importante da avere nello zaino.
Leggi qui le nostre proposte e contattaci per tempo per scoprire che l'altra metà del mondo non è poi così lontana...

Tutti i viaggi all'estero sono organizzati con Tour Operator-Agenzia Viaggi di nostra fiducia e prevedono la stipula di Polizze medico-bagaglio e Annullamento, contattaci anche solo per avere informazioni al riguardo.

Contatto: Marcello Cominetti (Guida Alpina) 
info@marcellocominetti.com tel. 3277105289

giovedì 28 luglio 2016

ALTA VIA GRANDE GUERRA a Settembre e Serata a ARABBA l'11 Agosto


Dal 3 al 10 Settembre propongo
 l'ALTA VIA DELLA GRANDE GUERRA DELLE DOLOMITI 
(1220€/pers. con 5 persone)
I posti sono limitati, le iscrizioni aperte.
(dettagli qui)

DOLOMITE WW1 HAUTE ROUTE 
on September 3-10th. (1220€/pers. with 5 pers.)

----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------


L'11 Agosto vi aspetto a ARABBA (BL) presso la Sala Congressi ore 21
(qui tutti i dettagli e il trailer del film)




mercoledì 6 luglio 2016

IL CERRO TORRE SECONDO ME A CORTINA IN CRODA IL 14 LUGLIO

Cerro Torre is in my mind (1988)
Il 14 luglio 2016 gli organizzatori della rassegna sulla montagna CORTINA IN CRODA di Cortina d'Ampezzo (BL) hanno pensato bene di invitarmi a parlare del Cerro Torre e forse anche d'altro.
Fatto sta che alle 21 sarò lì con il video IL CERRO TORRE SECONDO ME, che racconta della salita lungo la Via dei Ragni sul versante ovest fatta nel dicembre 2014 dal mio collega e amico Franz Salvaterra, me e il nostro forte cliente Max Lucco.

La particolarità non sta nel fatto di avere salito una montagna tanto complicata, quanto l'averlo fatto facendo le guide alpine: il nostro lavoro, la nostra più grande passione.

QUI IL PROGRAMMA della SERATA e altre info

Oltre a ringraziare gli organizzatori, devo farlo anche verso i miei sponsor che mi sostengono senza obblighi pesanti che non gradirei avere:

PATAGONIA
SCARPA
FERRINO
SALICE OCCHIALI
WWW.INPATAGONIA.IT 

siete tutti invitati!

giovedì 23 giugno 2016

ARRAMPICATA IN SARDEGNA

Base: S.Maria Navarrese (in B&B o Hotel a scelta)
Date: 3-5 novembre 2016 (altre su richiesta)
Prezzo: da concordare in base al numero partecipanti (min 1-max 6)

Per almeno 4 persone organizzo CROCIERE IN BARCA A VELA e ARRAMPICATA in SARDEGNA/CORSICA clicca qui per vedere la barca e informazioni

info@marcellocominetti.com
327.7105289

venerdì 17 giugno 2016

SON FORESTO, ZIO CAN!


E’ da molto che penso di annotarmi dei pensieri che nel tempo mi si sono ammucchiati in testa in relazione alla mia posizione rispetto alle genti di dove vivo.
Nelle valli alpine dove ho vissuto sono sempre stato considerato un “foresto”. Si sente dall’accento, si vede da come mi vesto e da come penso e faccio. Non ci posso fare nulla.

Vivo in una valle Ladina delle Dolomiti, in provincia di Belluno: Livinallongo e ci sto molto bene.
La cosa non mi ha mai fatto soffrire ma ogni tanto mi ha fatto sentire davvero diverso e dopo tanti anni (più di 30) mi sono fatto una mia idea che, siccome me la sono fatta io stesso, ho cercato di farmela che mi andasse bene.
Foresto nella foresta


“A un can forestiere tutti quegli della contrada abbaiano addosso”
scriveva il Boccaccio e un po’ è vero.
Ma se questa condizione la prendi e la usi a tuo favore puoi starci bene, e per me è così.
Sono nato a Genova, una città davvero aperta in tutti i sensi, in cui ricordo fin da bambino persone di colore o dagli occhi a mandorla parlare il dialetto esattamente come faceva mia nonna, mia madre e le mie zie.
La madre di mia madre era figlia di siculi nata a Genova e parlava il dialetto come tutti gli altri.
Mio nonno paterno era lecchese (ferroviere anarchico e penso che Guccini quando scrisse "La Locomotiva" si ispirò a lui tanto come a Ragosi) e sua moglie, mia nonna: cimbra, una minoranza etnica tedescoide oggi originaria dell’alto Veneto.
Mio nonno materno era di Finale Ligure e io quindi
I miei figli "sudtirolesi" nati da due madri argentine
sono Mediterraneo!
Se le differenze sono ricchezza io sarei ricco sfondato e infatti quello che non ho è quello che non mi manca (cit. F. De Andrè) e sento mio fratello un marocchino come un sudtirolese, ma non ditegli che anche loro sono fratelli perché i secondi non la prenderebbero bene nella maggior parte dei casi.
Sono contento e mi fa sentire bene che essere Mediterranei significhi appartenere a un miscuglio infinito di razze. Liguri, Etruschi, Partenopei, Fenici, Greci, Achei, Albanesi, Montenegrini, Croati, Ingauni, Saraceni, Arabi, Beduini, Magrebini, Egiziani, Mesopotamici, Ispanici, Gallici, Catalani, Sardi, Siculi, Tabarchini, Seuti, Tuareg, Minoici, Turchi, Ciprioti, Ebrei, e sicuramente ho dimenticato molte razze.
Anche io sono tutto questo, non è fantastico?
Ho anche notato che gli altri mediterranei con cui intrattengo relazioni, greci, sardi, napoletani... non mi fanno avvertire la mia differenza. Forse perché assente?!
I puri di razza sono quelli che fanno le guerre per difendere con la forza le loro insicurezze e paure del diverso, del foresto, appunto.
Leggo sul vocabolario che foresto (forestiero) significa straniero, rozzo, che vive nel bosco, isolato, e percepito come lontano e diverso. La foresta in indonesia si chiama Giungla e questa differenza di nome mi aiuta a giungere fino all’oceano Indiano e a disperdere per il globo la mediterraneità che sento di avere dentro. Questa è libertà.
Ho vissuto oltre 20 anni in Sudtirolo o Alto Adige e sono giunto alla conclusione che gli autoctoni siano vittima della loro stessa condizione di privilegiati e che questa abbia generato in loro una grande insicurezza.
Essendo un popolo lavoratore, serio e ricco, tutte caratteristiche positive, intendiamoci, ha la possibilità di comprarsi la sicurezza pagandola profumatamente. Per questo in provincia di Bolzano si vedono solo belle case e belle macchine. E qui non vado oltre, anche perché i miei figli sono tutti sudtirolesi perché nati a Bressanone.
Io sono contento se loro godono di buona salute. Potrebbero essere nati in Messico o in Congo, l’importante è che stiano bene, il colore del passaporto è un dettaglio.

Insomma, voglio dire che nella definizione di “Foresto” mi ci sento a pennello, non mi offende e semmai mi eleva involontariamente a eletto. E io così ci sto bene. Grazie.

lunedì 16 maggio 2016

SCALATE IN DOLOMITI - CLIMBING IN THE DOLOMITES

Arrampicata sportiva e alpinistica in Dolomiti Estate 2016
Quasi n cima al Coston d'Averau...
-Vie classiche di ogni grado
-Vie a spit
-Corsi per imparare
-Vie Ferrate

Sport and alpine climbing in the Dolomites Summer 2016
-Classic routes of any degree
-Sport routes (bolted)
-Climbing school
-Via Ferrata

Guarda il video - Look at the video
https://vimeo.com/151511985
(immagini di proprietà dell'agenzia www.dolomitemountains.com per cui lavoro)


Info e prenotazioni
Booking at
info@marcellocominetti.com tel +39.327.7105289
Via Philipp Flamm-Civetta
Via Don Quixote-Marmolada





lunedì 2 maggio 2016

Informativa per gli utenti della montagna che si affidano al servizio delle guide

INFORMAZIONI UTILI 

PER CHI SI AFFIDA A UNA GUIDA IN OGNI CASO DI FREQUENTAZIONE DI TERRENO ROCCIOSO, INNEVATO, ALPINISTICO, ARRAMPICATORIO, SCIISTICO E/O ESCURSIONISTICO

Di seguito il punto di vista della Legge italiana sull'accompagnamento su terreni naturali


La legge parla chiaro e i tribunali lo confermano:
gli unici professionisti abilitati all'accompagnamento escursionistico in montagna sono formati della Guide Alpine.
MILANO – Lo scorso aprile l’Associazione Italiana Guide Ambientali Escursionistiche ha diramato un comunicato stampa a cui le Guide Alpine Italiane non possono rimanere indifferenti, essendo peraltro questo l’ultimo atto di una annosa querelle, che lo scorso settembre pareva essere arrivata al termine. Preso atto che così non è stato e atteso il parere del tribunale di Torino che ha dato torto alle Guide Ambientali Escursionistiche, il Collegio Nazionale delle Guide Alpine ribadisce una volta per tutte che la legge italiana 6/89 stabilisce inequivocabilmente che l’accompagnamento su terreno montano è esclusiva prerogativa delle Guide Alpine e delle figure formate all’interno del Collegio, con formazione quindi e competenze garantite dagli standard internazionali. Un’esclusiva che ha come unico scopo la sicurezza pubblica nell’ambito di un’attività in cui esistono rischi oggettivi.
Partiamo dall’accordo CoNaGAI - AIGAE siglato il 22 settembre 2015 e ratificato tramite lettera di intenti (clicca qui). La lettera chiarisce inequivocabilmente che le Guide AIGAE che volessero operare in montagna debbano rientrare nel Collegio Nazionale delle Guide Alpine Italiane, ovvero uniformarsi agli standard della figura professionale degli Accompagnatori di Media Montagna, tramite apposite modalità di verifica delle competenze.
L’accordo era stato raggiunto con lo scopo di mettere ordine nell’ambito delle professioni dell’accompagnamento outdoor. Successivamente una nota inviata dal Ministero dello Sviluppo Economico ad AIGAE ha invitato l’Associazione a precisare l’ambito di svolgimento dell’attività dei suoi iscritti, in modo da evitare sovrapposizioni con la disciplina della professione contenuta nella legge 6 del 1989. La nota metteva in evidenza le criticità legislative relative alla loro professione e tornava a sottolineare la necessità di risolvere il conflitto scaturito dalla coesistenza di diverse leggi che disciplinano il settore: da un lato la legge nazionale, la n.6 del 2 gennaio 1989, che regola la professione di Guida Alpina, degli Accompagnatori di Media Montagna e Guide Vulcanologiche; dall’altro la legge n.4 del 2013 che disciplina l’organizzazione delle libere professioni non organizzate in ordini o collegi e alcune Leggi Regionali che erano intervenute localmente a disciplinare la materia. Tra le varie leggi a oggi esistono ambiti di sovrapposizione, particolarmente in relazione all’accompagnamento escursionistico in montagna e su terreni innevati. La Corte Costituzionale ha confermato un ambito esclusivo di esercizio della professione nelle aree maggiormente caratterizzate dalle bellezze ma anche dai pericoli della montagna, continuando a prevedere per tali aree la competenza esclusiva degli iscritti all’albo delle Guide e degli Accompagnatori, senza possibilità per le rimanenti professioni dell’outdoor di sovrapporsi con le rispettive attività.
CoNaGAI e AIGAE aprivano quindi un tavolo di lavoro per individuare le modalità per far rientrare gli associati AIGAE nel Collegio Nazionale delle Guide Alpine, inquadrandoli appunto all’interno dei Collegi. Il principio individuato dal Collegio Nazionale delle Guide Alpine, che tuttora apre le porte alle Guide AIGAE, si basa sul riconoscimento dei crediti formativi laddove siano presenti e sulle compensazioni necessarie nelle materie mancanti totalmente o parzialmente.
Nonostante l’accordo, nei mesi successivi AIGAE ha proceduto legalmente e verbalmente contro agli assessorati delle regioni Sicilia e Piemonte, che hanno riconosciuto negli ultimi mesi la figura dell’Accompagnatore di Media Montagna, applicando correttamente la legge nazionale relativa all’accompagnamento in montagna.
Non solo pertanto le proteste di AIGAE si rivelano ingiustificate, mendaci e queste sì anacronistiche, a fronte anche dell’intervento della Corte Costituzionale, ma hanno anche la grave responsabilità di confondere il quadro in merito alle figure professionali di riferimento per l’accompagnamento in montagna, arrecando un danno prima di tutto agli utenti finali. La chiarificazione del quadro generale delle professioni che operano in ambito escursionistico infatti, in particolare in montagna, era stata voluta dal CoNaGAI così come dal Ministero che a tale scopo inviava la lettera ad AIGAE, ai fini della sicurezza e della garanzia della qualità del servizio offerto agli utenti finali, e non per ragioni lobbistiche.

In merito alle limitazioni per l’esercizio della professione degli AMM, non può accettarsi ciò che le Guide Ambientali Escursionistiche sostengono quando dicono che si tratta di una professione molto limitata. Non esistono infatti limiti altitudinali, e l’esercizio della professione può essere consentito ricorrendone le condizioni in tutto il territorio italiano, mentre sono escluse le attività che richiedono l’utilizzo di attrezzatura alpinistica per le quali occorre un iter formativo da Guide Alpine che di certo non rientra nella formazione nemmeno delle GAE. Quanto all’accompagnamento su terreni innevati è questa realmente l’unica limitazione, per la quale è già stato presentato alla Camera dei Deputati un emendamento che mira proprio ad ampliare il raggio di azione degli AMM. Comunque si valuti la legge, finché esiste essa rimane tale, e quindi non un suggerimento, ma un insieme di disposizioni da rispettare, anche per evitare di commettere il reato di esercizio abusivo di una professione protetta. Quando, ci auguriamo presto, l’emendamento troverà esecuzione, gli Accompagnatori nuovi e già titolati, saranno abilitati in una cornice di piena legalità all’accompagnamento sulla neve, non prima però di aver seguito una formazione specifica a riguardo, indispensabile visti i rischi che questo tipo di terreno comporta.

La nuova legge che istituisce la figura dell’Accompagnatore di Media Montagna della Regione Sicilia non solo è dovuta ma è sicuramente anche legittima e, esattamente al contrario di quanto afferma AIGAE, è volta proprio a sostenere l’occupazione prevedendo la formazione di professionisti del trekking in montagna e a favorire il turismo, garantendo all’utente una formazione certificata, seria e di altissimo livello. Ne è conferma quanto avvenuto solo poche settimane fa in Piemonte, dove il tribunale del Tar ha dato torto ad AIGAE che si era espressa contro la legge regionale che istituiva l’Accompagnatore di Media Montagna.

Infine il Collegio Nazionale delle Guide Alpine Italiane ci tiene a rassicurare le Guide Ambientali Escursionistiche che operano in montagna che saranno in tutti i modi favoriti i processi di confluenza all’interno di CoNaGAI al fine non solo di preservare la continuazione del loro lavoro, ma anzi di poterlo esercitare nel rispetto delle leggi attuali. L’invito ad AIGAE è quelli di smettere di perseguire una strada di scontro e di agevolare invece I propri soci che operano in montagna alla confluenza nel CoNaGAI e quindi nella legalità.
Ufficio stampa Collegio Nazionale Guide Alpine Italiane
Comunicato stampa n.5 del 19/05/2016
Cesare Cesa Bianchi
Presidente Collegio Nazionale Guide alpine.

martedì 26 aprile 2016

SERATA PATAGONICA A SASSARI il 21 Aprile 2016

Se il Cerro Torre fosse davvero impossibile non ci saremmo saliti, ma la serata a Sassari è stata piacevolissima, anche perché si è aggiunto a noi Nicola Lanzetta (figlio d'arte di un certo Mimmo, ragno di Lecco e partecipante alla salita del versante ovest del Torre nel 1974!) con un suo video molto bello sulla sua salita al Fitz Roy di quest'anno.

Nel poster mi è stata attribuita la cittadinanza lombarda mentre io sono veneto e genovese di nascita, ma fa lo stesso.

Forse è la prima volta che si parla di alpinismo così in Sardegna e questo è certamente un primato degno di avere un seguito.

Nel frattempo siamo in attesa di avere pronto il video 
IL CERRO TORRE SECONDO ME che racconta della salita mia e di Franz Salvaterra mentre accompagnamo un (forte) cliente dal nome di Max Lucco.
Questo è il trailer, il film definitivo sarà disponibile a fine maggio.
Adelas, Mocho e Cerro Torre massif




sabato 30 gennaio 2016

CROZZON di BRENTA, Via delle Guide, seconda invernale, o: in invernale, o: d'inverno.

Mentre ascolto "Before you accuse me" di Eric Clapton in modalità "loop"  nel mio vecchio stereo, in questa stagione avara di neve e di lavoro (cazzo, faccio la guida!) in cui ho insolitamente un sacco di tempo, penso che in ogni situazione vada trovata una condizione positiva. 
Così qualche giorno fa con il mio "socio" Franz Salvaterra ce ne siamo andati sul Crozzon di Brenta a ripetere la Via delle Guide.
C'abbiamo messo un giorno, mentre i nostri predecessori ce ne avevano messi 8. 
Certo, nel 1969 c'era molta più neve, più freddo e tutte quelle cose lì. Loro partivano non appena la fabbrica gli lasciava il tempo e la motivazione che li spingeva a fare per la prima volta una cosa tanto notevole non era di certo la nostra di fancazzisti con tanto tempo a disposizione.
Il versante settentrionale del Crozzon di Brenta
Ma voglio spezzare una lancia anche a nostro misero favore: ce l'abbiamo messa tutta per correre e non farci sorprendere da un bivacco indesiderato e per farlo abbiamo riposto nell'altro il massimo della fiducia. Non è una cosa da poco, secondo me, perché sapevamo che non ci saremmo fermati finché non sarebbe apparsa la cima, anche se fosse diventato buio. E così è stato ed è stata una bella sensazione, quella di essere una macchina quasi perfetta, lanciata nella concentrazione e nello stupore di vedere alba, giorno, tramonto e notte con la coda dell'occhio, mentre davanti scorrevano appigli bellissimi! Le mani gelate, le bollite alle dita, i piedi induriti nelle scarpette due numeri più grandi e la sete sono nulla in confronto alla felicità.

Tornando alla canzone di Clapton: è un po' la stessa cosa, se ci pensate, MI7-LA-SI-MI7/SI, un giro di blues che più semplice non si può. Eppure io su quel giro di accordi sono stato in grado tutt'al più di ricavarci "Gabibbo Blues" (ah, ah, ah) mentre il vecchio Slowhand c'ha tirato fuori Before you accuse me. Ascoltatela se non la conoscete (godevela!)  e perdonatemi il parallelismo tra musica e alpinismo ma sono due caratteristiche costanti della mia esistenza da cui fortunatamente non posso sottrarmi.


Lascio al mio compagno d'avventura (è il nome giusto) la descrizione, che solo chi avrà curiosità e insonnia potrà leggere.


Ho appena finito di rileggere il racconto di Gianni Rusconi dal libro “Il grande alpinismo invernale”, sulla prima invernale, appunto, alla Via delle Guide sulla nordest del Crozzon di Brenta.
A dire il vero avrei voluto leggerlo prima di partire per il Crozzon, ma nel disordine di casa mia non trovavo il libro, forse sepolto sotto l’attrezzatura che con Marcello (Cominetti, con cui intendevo partire per questa gita)  stavamo frettolosamente preparando. Quindi ora me lo sono goduto di fronte al caminetto a salita compiuta.
Cala la notte, i giorni di gennaio sono cortissimi...
Se devo essere onesto la loro salita invernale  è stata veramente una grande impresa e un'avventura che li ha spinti al limite delle forze, la nostra al paragone è stata una cosa molto meno sofferta e affascinante, pur avendoci regalato momenti indimenticabili legati sicuramente al fascino dell’inverno che restituisce alla montagna la sua staticità assoluta.
A distanza di quasi 50 anni, stride il confronto tra la spedizione “pesante” dei Rusconi e compagni, se raffrontata alla nostra: leggerissima e quasi spensierata, ma non troppo.
Sicuramente noi l’abbiamo affrontata perché le condizioni meteo erano quelle più favorevoli: poca neve in parete, tempo stabile e temperature non estremamente basse. Noi avevamo dalla nostra la possibilità di  partire al momento giusto e la facilità nel metterci d’accordo, essendo solo in due e facendo lo stesso lavoro: le guide disoccupate.
Franz alle jumar
Ma veniamo alla cronaca.
Roberto Chiappa, Gianluigi Lanfranchi (detto Pomela), Antonio Rusconi e Giovanni Rusconi attaccano la grande parete nordest del Crozzon il 7 marzo 1969. E' tutto l'inverno che fanno avanti e indietro da Lecco assediando questa via, nel tentativo più serio partecipano anche Alessandro Gogna con Leo Cerruti, riescono ad arrivare fino alla grande cengia alla base delle placche nere, la parte tecnicamente di grado più elevato. C’è da dire che le difficoltà maggiori si incontrano sui tiri di quarto grado, dove la neve si deposita sugli appigli e nasconde gli appoggi, i pochi chiodi e su cui non sempre è facile decidere se progredire con gli scarponi, se mettere  i ramponi o addirittura le scarpette.
Sulla fascia nera
Per ben 6 giorni (5 bivacchi) i lecchesi combattono con diedri e placche intasate di neve, il termometro talvolta segna -30 gradi, e mi sembra un po’ strano, però.... Non hanno le maniglie jumar e risalgono le corde con i nodi prusik, appesa alle imbragature artigianali insieme ai chiodi da roccia portano una spazzola per pulire la neve dagli appigli! Verso la cima gli cade una sacca con i viveri e si ritrovano in vetta, per fortuna nel ventre materno del bivacco Castiglioni con poco cibo e nel mezzo di una tempesta. Essere lassù in quella scatola di latta è sicuro quanto ritrovarsi in mezzo al mare grosso con una barchetta. Si sopravvive ma bisogna assolutamente togliersi da lì!
Il giorno dopo, tra vento e slavine, impiegano tutte le ore di luce  per traversare dalla vetta del Crozzon a quella della Tosa. Infatti la discesa non è banale neppure d’estate. Qui fanno il settimo bivacco in un buco nella neve, sono allo stremo delle forze, immaginate, senza sacchi da bivacco in Goretex, con le moffole di lana e le giacche di cotone!
Negli ultimi momenti Gianni preso dallo sconforto pensa alla frase di Pierre Mazeaud dopo la tragedia del Freney del 61': “ Il dramma è iniziato e non ce ne siamo accorti”.
Franz laggiù
L'ottavo giorno dopo aver disceso i camini della Cima Tosa abbandonano tutto il materiale, scendono passando nelle vicinanze  del rifugio Pedrotti e, praticamente rotolandosi nella neve, arrivano a Molveno lungo la valle delle Seghe, finalmente in salvo.

Franz lassù

La “nostra” invernale è fortunatamente molto meno sofferta: il 24 gennaio saliamo al rifugio Brentei dalla val Brenta, partiamo da casa mia a Tione dopo un ottimo pranzo e arriviamo al rifugio alle ultime luci. Fino a poco sotto la Malga Brenta Alta praticamente non c'è neve, poi mettiamo le ciaspe.  Anche le temperature sono dalla nostra, fino a un paio di giorni fa a Campiglio la temperatura è scesa fino a -18, ora si è alzata di almeno 10 gradi. La mattina del 25 la sveglia suona  alle tre e mezza. Prima delle sette siamo alla base della parete. Ancora non si vede bene quindi per essere sicuri di non sbagliare l'attacco beviamo il contenuto del thermos da 750cc. e con il fornello sciogliamo della neve mentre aspettiamo la luce. Avevo ripetuto la via diversi anni fa con Luca Leonardi (il gestore del rifugio Brentei) e suo figlio Gabriele, però a dire il vero non ricordo gran ché. Marcello invece non l'ha mai fatta.
Non abbiamo con noi materiale da bivacco quindi la nostra strategia di salita prevede di essere  rapidi, leggeri e audaci: le giornate sono ancora corte.
Lasciate alla base racchette e uno zaino, la nostra attrezzatura prevede: fornello e gas, liofilizzati per cena, barrette e caramelle per la giornata, un thermos, guanti di ricambio, una serie di friends e qualche stopper, dieci rinvii, cordini, secchiello e quattro ghiere, due maniglie jumar, un paio di ramponi di alluminio, uno di acciaio, due piccozze, un paio di scarpette, una vite da ghiaccio di alluminio, una mezza corda da 60 m, un procord da 4 mm da 60 m., uno zaino da 40lt.
Salire e salire (rapidi)
Parto per primo e mi rilasso quando dopo pochi metri troviamo la scritta in rosso “Via delle guide”. Per essere più rapidi abbiamo deciso che il secondo sale a jumar con lo zaino, perlomeno sui tiri più ripidi.  Salgo cinque tiri, bestemmiando a ogni passaggio con i piedi su piccole tacche perché abbiamo portato un paio solo di scarpette, quelle di Marcello che sono un 44,5 e io ho il 42 di scarponi. Se scalassi con le babbucce di Aladino avrei maggior sensibilità ma almeno non serve che mi tolga le scarpe in sosta. Alla base delle placche nere più verticali passa in testa Marcello.
Nella parte bassa della via c'è spesso della neve che però è polvere e si toglie facilmente con le mani, le temperature sono di pochi gradi sotto lo zero e si scala con un po' di freddo alle dita, con qualche “bollita” ma sopportabile. Le placche nere e verticali sono quasi pulite e Marcello sale veloce per sette tiri, facendo acrobazie per passare con le scarpette sulle cenge completamente ghiacciate mentre io “sjumaro” come un indemoniato, alternando grandi sudate a freddo mentre lo assicuro in sosta.
Una cima anche per noi. E pure una casetta!
Alle 17 riusciamo per fortuna a superare la fascia ripida della parete e a intravedere dove passare, mancano ancora circa trecento metri alla cima. Una cascata di ghiaccio immette a un colatoio nero, quindi calzo i ramponi e la scalo con le picche per portarmi sotto la parete terminale. In un attimo è buio pesto e questo tiro di IV non sembra per nulla facile con i ramponi ai piedi. Le soste non si trovano perché coperte dalla neve ma per fortuna qualche chiodo di passaggio emerge dalle tenebre. Manca solo un altro tiro per uscire sui pendii finali, è un traverso con un passo strapiombante dato di IV che a me sembra un 7a! Ansimando riesco a raggiungere la cengia alla fine della corda e attrezzo una sosta piantando la piccozza a mo’ di chiodo nell'unico scoglio di roccia che emerge dalla neve. Marcello salendo a jumar ha il suo bel da fare tra un pendolo e l'altro sul traverso, con la mezza da 8mm che sfrega pericolosamente sulle rocce quando si lascia andare tra un rinvio e il successivo. Io nel frattempo inganno il tempo guardando la piccozza flettersi ritmicamente e puntandomi bene con i piedi nella neve. Quando mi raggiunge la luna fa capolino da Molveno, è piena piena e illumina a giorno noi e il Crozzon. Si vedono le luci di Andalo, il Campanil Basso stretto tra la Brenta Alta e il Campanile Alto sembra vicinissimo e le piste del Grostè hanno stranamente un confortevole richiamo al domestico che ci scalda. 
Un facile pendio ci porta sotto la sorpresina finale, lungo un tiro che sarebbe facilissimo d'estate si è formata una cascata con un tratto verticale. Abbiamo messo via le jumar quindi la seconda piccozza ce l’ ha Marcello.
Fortunatamente un buon friend mi anima e salgo pinzando le colonnine di ghiaccio con la mano sinistra, nella paura che provo mi viene da ridere pensando a quando durante i corsi guida ci facevano fare esercizio scalando con una piccozza sola su cascate belle ripide.
Il giorno dopo, la discesa
Siamo belli cotti e andiamo piano, anche sugli ultimi facili pendii restiamo legati e alle 21.30 finalmente ci abbracciamo in vetta! Il bivacco Castiglioni sembra un hotel a cinque stelle, manca solo la jacuzzi. Il giorno dopo verso le otto e mezza cominciamo la discesa, l'idea iniziale era di traversare lungo la normale fino alla Tosa e poi scendere il canalone Neri ma appena sotto la cima cambiamo idea. Scendiamo in doppia da “Lisa dagli occhi blu”, una bellissima via di misto aperta da Parolari e Tondini che conta parecchi tentativi e poche salite fino in vetta. Non la conosciamo ma con un po' di pazienza troviamo gli ancoraggi e in qualche ora di faticoso recupero del sagolino da 4 mm. arriviamo nella parte finale del canalone Neri, vicino agli zaini e alle odiate ciaspe. Tutte le guide le odiano, è inutile nasconderlo.

Alla Malga Brenta Alta facciamo un'incursione “rubando” una zuppa di fagioli e un buon caffè, abbandonati da qualche anima pia, e alla  macchina, nel bagagliaio ci aspettano due birre artigianali ghiacciate “Rethia” lasciate lì per un brindisi che ora non si fa più aspettare.

Franz Salvaterra 27 gennaio 2016

Nel canalone Neri, quasi alla base. E poi a casa.


GRAZIE, tra gli altri nostri sponsor, a www.inpatagonia.it