sabato 10 dicembre 2016

CARRUTILLERA! Patagonia in bicicletta 2016: survived

Non mi succede spesso di pubblicare un resoconto appena tornato da un viaggio, ma 'stavolta mi sono così tanto divertito che sento un bisogno inspiegabile di raccontare un po' la mia soddisfazione.






La CARRUTILLERA (=CARRetera Austral+rUTa 40+CordILLERA Andina Austral, il nome è una mia discutibile invenzione) si è conclusa ieri in quel di La Leona, un vecchio "paradero" (luogo di fermata) patagonico lungo la mitica Ruta 40. Patagonia, Argentina, Santa Cruz.
raggiunta la mitica RUTA40
Marta, il sottoscritto e due validi compagni di pedale, e non solo,  eravamo partiti una decina di giorni fa da El Chaltén in direzione contraria al vento...
Raggiunto faticosamente il lago Desierto lo abbiamo attraversato in barca e ci siamo accampati sulle rive della Punta Norte. Da lì si varca la frontiera col Cile, si spinge la bici, ma si pedala anche un poco, lungo i 6 km di sentiero che portano a una bellissima mulattiera che in saliscendi -più scendi che sali- ci ha depositati sulle rive del bellissimo lago S.Martin/O'Higgins.
Ovviamente le foto più belle non le metto qui.
Qui dovevamo prendere il ferry che lo attraversa tutto fino a Villa O'Higgins ma il maltempo, leggi vento forte -siamo in Patagonia checaspiterina- lo impediva. Quindi abbiamo aspettato due giorni a Candelario Mancilla (se cliccate qui a destra su "Patagonia in bicicletta" vedrete itinerario, mappe, ecc) e poi abbiamo salpato tra le onde azzurre.
Da questo remoto villaggio abbiamo risalito la Carretera Austral fino alla deviazione per Paso Mayer che si trova al termine di una strada appena costruita.
Lasciata la frontiera cilena un fiume neppure tanto piccolo rappresenta il seguito dell'itinerario verso l'Argentina. I guadi sono una decina e neppure tutti facili. Siamo fradici ma spingiamo sui pedali perché sappiamo che troveremo una strada, ma dove? Boschi, ghiaioni, praterie e acqua, tanta acqua ci circondano e trovare il percorso è complicatissimo. Non mi aspettavo una cosa tanto complicata ma ora ci siamo e bisogna ballare come suona la musica.
Il mio fiuto mi guida ma non è infallibile, ovviamente, ma troviamo la mitica "passerella" che Don Ramiro ha costruito per le sue pecore. Ci avevano detto anche che il Ramiro non vuole che la gente ci passi sopra, ma oggi chissà lui dove sarà e non lo vediamo. Mannaggia, poteva farla un po' più larga! Traballa pericolosamente sulle rapide del Rio Carreras facendoci credere al suo termine che avremo avuto vita facile.
Ci sbagliamo, e vaghiamo per boschi, guadi, impronte di puma, uccelli di ogni sorta e finte tracce fino a notte, quando...si spezza il portapacchi della mia bici. Siamo senza saperlo a pochi metri dalla Gendarmeria Argentina e inizia a piovere.
I gendarmi ci accolgono calorosamente e ci fanno accampare vicino alla loro casermetta offrendoci un "quincho" (=focolare con tetto) dove facciamo un falò per asciugare noi e i vestiti.
Il giorno dopo si snoda tra praterie, fiumi impetuosi e montagne, ma su strada buona! Pranzando su un prato senza fine invaso da volatili, volpi curiose, guanacos curiosi pure loro e lepri, facciamo asciugare le tende e ripartiamo. Usciamo improvvisamente dalla Cordillera e ci si para di fronte la temuta Estepa Patagonica: un deserto secco, ventoso e freddo tagliato solo dalla linea retta della strada. Intorno a noi la presenza dell'essere umano è inesistente. Non che fino a qui abbiamo incontrato tanta gente, anzi, ma nell'estepa la sensazione di agorafobia (il contrario della claustrofobia) ti prende anche se non ne soffri. Diciamo che qui potresti iniziare a soffrirne.
guadi
Le Estancias (fattorie) sono qua e là ma a 20/30 km dalla strada e chissà se sono aperte -saperlo non è possibile- e noi siamo in bici e carichi. Non è esattamente come quando si passa da qui in macchina, insomma.
Troviamo asilo nella più vicina alla nostra strada, a soli 5 km, dove ci viene offerto per la notte il "Galpon de esquila" il capannone dove si tosano le pecore. Ci accomodiamo contenti perché nella notte diluvierà facendo vibrare le lamiere ondulate del capannone mentre ronfiamo, anche per questo, soddisfatti. E dire che fantasticavamo di arrosti e buon vino. Invece: cous cous e ceci.
L'alba è radiosa e in Italia scopriamo che ha vinto il NO.
Il vento ci spinge e ci frena ma noi andiamo avanti: indietro non si torna! Faccio mio il motto di Fridtjof Nansen in queste situazioni: FRAM! (=avanti! in norvegese), non mi costa nulla, se non pedalare come forsennati.
E infine l'asfalto. Nero, diritto e interminabile sotto a un cielo di nuvole grandi e sporadiche che lasciano passare neri temporali lontani e un sole implacabile. Il vento rinfresca e noi andiamo letteralmente arrosto per quanto riguarda la pelle delle nostre facce.
All'estancia L'Angostura sul Rio Chico capiamo che il ritardo di 2 giorni, dovuto alla barca sul lago S.Martin/O'Higgins, non ci permette di rispettare la nostra indicativa tabella di marcia. D'altronde questo viaggio è un'esplorazione del percorso per perfezionarlo e ripeterlo certamente, ma ora dobbiamo farci portare in auto per quasi 100 km.
La camioneta ci deposita nel luogo pattuito: il nulla! Vento, polvere e desolazione. Neppure un cespuglio per ripararci un momento. E il vento è davvero fastidioso e invadente. Riprendiamo a pedalargli duramente contro fino a una curva dietro la quale lui -il vento- diviene a favore e...voliamo per 40 km fino a Tres Lagos: il primo paese che incontriamo dopo giorni in territorio argentino. Ci sembra una cattedrale nel deserto, anzi, lo è e ci sediamo a lato del biliardo di un bar per gauchos a trangugiare milanesas y papas fritas (questo non lo traduco) e a bere birra a fiumi.
Il giorno seguente è di quelli rari da queste parti. In fondo all'estepa appaiono le montagne: il Cerro Torre e il Fitz Roy su tutte, ma si vedono bene anche le punte minori e i massicci all'interno dello Hielo Continental. Insomma una visione assurdamente divina.
Ormai divoriamo i kilometri come gallette e si avrebbe voglia di non smettere mai di pedalare, mi era già successo, ma dobbiamo farlo perché domani l'aereo porterà Franz, Beatrice e Marta a casa. Io resto ancora un mese e mezzo.
E' un giro in bicicletta estremamente bello ma anche molto avventuroso e sconsigliabile a chi ama la comodità e la certezza. Un vero viaggio, insomma.
LEGGI QUI IL DIARIO DEL VIAGGIO DI Beatrice Carli Moretti