Con la mia splendidamente scomoda borsa a S.Isidro (ARG) |
Nel 1990 viaggiavo molto e una nota ditta produttrice di
valigie mi fece un regalo: una capiente borsa con manico allungabile e ruote. Le
due rotelle, montate su cuscinetti a sfere, facevano spostare la borsa con
estrema facilità e ci potevo caricare dentro un sacco di roba, anche pesante,
portandomela appresso con poco sforzo. Ai tempi era una novità.
La usai molto, fino a sfondarla ma un calzolaio me la riparò
e ce l’ho ancora. E’ bella perché è vissuta nell’aspetto e soprattutto funziona
ancora a meraviglia. Ma non la uso più! Viaggio un po’ meno di allora ma abbastanza per avere
bisogno di borse e non ne ho mai più voluta una con le ruote. Mi succedeva che
caricavo un sacco di cose che poi non mi servivano . Sono sempre stato fedele al
principio che se hai il dubbio tra portare o no una cosa, che magari potrebbe
servire, quella cosa va lasciata a casa.
Evidentemente non la pensano così la maggior parte delle persone: basta
prendere il treno, per incocciare in una moltitudine di passeggeri che
trascinano dietro di sé pesanti valigie a ruote che poi non riescono a mettere
sulle cappelliere, ingombrando i corridoi. Mi dico che in quelle valigie ci
saranno sicuramente molte cose inutili, che vengono caricate al loro interno
solo perché con le ruote si trasportano più facilmente.
Viviamo in un sistema fondato sulla crescita, dove l’essenzialità è malvista e non può essere associata all’odierna idea di benessere che si basa sul possesso di oggetti più o meno costosi e non sull’effettiva qualità della vita e sulla felicità delle persone. Per me “stare bene” non può dipendere dal possesso di cose ma da come mi sento indipendentemente da esse. E poi, con meno oggetti, si è più agili e leggeri.
Sono un alpinista e da molto tempo ho capito che per salire sulle montagne, facili o difficili che siano, meno cose ti porti e meglio è. Si è più veloci, efficaci, meno stanchi e non ultimo anche più sicuri.
Questo mio modo di pensare spesso mi procura dei problemi nei confronti di molte persone.
Mi compro pochi vestiti, cambio la macchina quando non ne può più e non quando esce un modello nuovo, mangio poco e le cose che possiedo so quanto durano e quindi non le cambio solo perché mi hanno stufato.
Viviamo in un sistema fondato sulla crescita, dove l’essenzialità è malvista e non può essere associata all’odierna idea di benessere che si basa sul possesso di oggetti più o meno costosi e non sull’effettiva qualità della vita e sulla felicità delle persone. Per me “stare bene” non può dipendere dal possesso di cose ma da come mi sento indipendentemente da esse. E poi, con meno oggetti, si è più agili e leggeri.
Sono un alpinista e da molto tempo ho capito che per salire sulle montagne, facili o difficili che siano, meno cose ti porti e meglio è. Si è più veloci, efficaci, meno stanchi e non ultimo anche più sicuri.
Questo mio modo di pensare spesso mi procura dei problemi nei confronti di molte persone.
Mi compro pochi vestiti, cambio la macchina quando non ne può più e non quando esce un modello nuovo, mangio poco e le cose che possiedo so quanto durano e quindi non le cambio solo perché mi hanno stufato.
Insomma per il sistema sono un danno ma sono certo che inseguire
la crescita a tutti i costi (stress, poco tempo libero, mancanza di affetti,
ecc) non renda felici e porti malamente alla fine. Ogni cosa cresce e poi
raggiunge un suo equilibrio, ma se continuiamo a pomparla per farla crescere
sempre più, prima o poi scoppia.
A cavallo tra gli anni ’90 e i primi del 2000 ho fatto l’istruttore ai corsi per diventare Guida Alpina. Una bella esperienza a contatto con gente giovane e entusiasta di ciò che faceva. Mi sono sempre tenuto alla larga dalle “novità a ogni costo” pur essendo curioso, e ho cercato soprattutto di insegnare agli allievi come si fa questo complicato e bellissimo lavoro. Smisi di fare l’istruttore quando, tra l’attrezzatura da alpinismo, apparve un oggetto assolutamente inutile: la dasy chain, un anello di fettuccia in nylon cucita in più punti in modo da ottenere molti anelli più piccoli a guisa di catena, utilizzabile per vari scopi. Il bello è che tutti questi scopi possono essere assolti egregiamente dall’attrezzatura base che ogni alpinista si porta appresso. Non sto qui a elencarli, ma aggiungere un ulteriore attrezzo a quell’insieme, a volte complicato, di elementi che ci assicurano a una parete (imbragatura, moschettoni, fettucce, cordini, chiodi, ecc), mi sembra superfluo e pure pericoloso. In breve, nell’alpinismo, se di un oggetto non ne senti estremo bisogno significa che non serve averlo, ovviamente occorre scegliere con estrema cura solo l’indispensabile. Nel 1983 Jean Marc Boivin salì in 10 ore l’integrale di Peuterey da solo dichiarando di non avere portato con sé la borraccia, visto che non gli serviva!
A cavallo tra gli anni ’90 e i primi del 2000 ho fatto l’istruttore ai corsi per diventare Guida Alpina. Una bella esperienza a contatto con gente giovane e entusiasta di ciò che faceva. Mi sono sempre tenuto alla larga dalle “novità a ogni costo” pur essendo curioso, e ho cercato soprattutto di insegnare agli allievi come si fa questo complicato e bellissimo lavoro. Smisi di fare l’istruttore quando, tra l’attrezzatura da alpinismo, apparve un oggetto assolutamente inutile: la dasy chain, un anello di fettuccia in nylon cucita in più punti in modo da ottenere molti anelli più piccoli a guisa di catena, utilizzabile per vari scopi. Il bello è che tutti questi scopi possono essere assolti egregiamente dall’attrezzatura base che ogni alpinista si porta appresso. Non sto qui a elencarli, ma aggiungere un ulteriore attrezzo a quell’insieme, a volte complicato, di elementi che ci assicurano a una parete (imbragatura, moschettoni, fettucce, cordini, chiodi, ecc), mi sembra superfluo e pure pericoloso. In breve, nell’alpinismo, se di un oggetto non ne senti estremo bisogno significa che non serve averlo, ovviamente occorre scegliere con estrema cura solo l’indispensabile. Nel 1983 Jean Marc Boivin salì in 10 ore l’integrale di Peuterey da solo dichiarando di non avere portato con sé la borraccia, visto che non gli serviva!
Un amico si era appena comprato un lussuoso pullmino 4x4, alle
porte dell’inverno l’aveva dovuto dotare di pneumatici invernali e, alla mia
proposta di venirmi a trovare in montagna per farci qualche gita, mi rispose
che dopo l’acquisto delle gomme era rimasto senza soldi, e quindi sarebbe
restato a casa. Robe da matti.
Non credo che la fatica vada scansata a prescindere. Ci sono
connesse a essa infiniti elementi che determinano il nostro vero benessere.
Quindi quando viaggio mi porto una borsona con tracolla e ci metto dentro
l’indispensabile per non farla troppo pesante e per non ritrovarmi in giro
pieno di cose inutili.