venerdì 17 giugno 2016

SON FORESTO, ZIO CAN!


E’ da molto che penso di annotarmi dei pensieri che nel tempo mi si sono ammucchiati in testa in relazione alla mia posizione rispetto alle genti di dove vivo.
Nelle valli alpine dove ho vissuto sono sempre stato considerato un “foresto”. Si sente dall’accento, si vede da come mi vesto e da come penso e faccio. Non ci posso fare nulla.

Vivo in una valle Ladina delle Dolomiti, in provincia di Belluno: Livinallongo e ci sto molto bene.
La cosa non mi ha mai fatto soffrire ma ogni tanto mi ha fatto sentire davvero diverso e dopo tanti anni (più di 30) mi sono fatto una mia idea che, siccome me la sono fatta io stesso, ho cercato di farmela che mi andasse bene.
Foresto nella foresta


“A un can forestiere tutti quegli della contrada abbaiano addosso”
scriveva il Boccaccio e un po’ è vero.
Ma se questa condizione la prendi e la usi a tuo favore puoi starci bene, e per me è così.
Sono nato a Genova, una città davvero aperta in tutti i sensi, in cui ricordo fin da bambino persone di colore o dagli occhi a mandorla parlare il dialetto esattamente come faceva mia nonna, mia madre e le mie zie.
La madre di mia madre era figlia di siculi nata a Genova e parlava il dialetto come tutti gli altri.
Mio nonno paterno era lecchese (ferroviere anarchico e penso che Guccini quando scrisse "La Locomotiva" si ispirò a lui tanto come a Ragosi) e sua moglie, mia nonna: cimbra, una minoranza etnica tedescoide oggi originaria dell’alto Veneto.
Mio nonno materno era di Finale Ligure e io quindi
I miei figli "sudtirolesi" nati da due madri argentine
sono Mediterraneo!
Se le differenze sono ricchezza io sarei ricco sfondato e infatti quello che non ho è quello che non mi manca (cit. F. De Andrè) e sento mio fratello un marocchino come un sudtirolese, ma non ditegli che anche loro sono fratelli perché i secondi non la prenderebbero bene nella maggior parte dei casi.
Sono contento e mi fa sentire bene che essere Mediterranei significhi appartenere a un miscuglio infinito di razze. Liguri, Etruschi, Partenopei, Fenici, Greci, Achei, Albanesi, Montenegrini, Croati, Ingauni, Saraceni, Arabi, Beduini, Magrebini, Egiziani, Mesopotamici, Ispanici, Gallici, Catalani, Sardi, Siculi, Tabarchini, Seuti, Tuareg, Minoici, Turchi, Ciprioti, Ebrei, e sicuramente ho dimenticato molte razze.
Anche io sono tutto questo, non è fantastico?
Ho anche notato che gli altri mediterranei con cui intrattengo relazioni, greci, sardi, napoletani... non mi fanno avvertire la mia differenza. Forse perché assente?!
I puri di razza sono quelli che fanno le guerre per difendere con la forza le loro insicurezze e paure del diverso, del foresto, appunto.
Leggo sul vocabolario che foresto (forestiero) significa straniero, rozzo, che vive nel bosco, isolato, e percepito come lontano e diverso. La foresta in indonesia si chiama Giungla e questa differenza di nome mi aiuta a giungere fino all’oceano Indiano e a disperdere per il globo la mediterraneità che sento di avere dentro. Questa è libertà.
Ho vissuto oltre 20 anni in Sudtirolo o Alto Adige e sono giunto alla conclusione che gli autoctoni siano vittima della loro stessa condizione di privilegiati e che questa abbia generato in loro una grande insicurezza.
Essendo un popolo lavoratore, serio e ricco, tutte caratteristiche positive, intendiamoci, ha la possibilità di comprarsi la sicurezza pagandola profumatamente. Per questo in provincia di Bolzano si vedono solo belle case e belle macchine. E qui non vado oltre, anche perché i miei figli sono tutti sudtirolesi perché nati a Bressanone.
Io sono contento se loro godono di buona salute. Potrebbero essere nati in Messico o in Congo, l’importante è che stiano bene, il colore del passaporto è un dettaglio.

Insomma, voglio dire che nella definizione di “Foresto” mi ci sento a pennello, non mi offende e semmai mi eleva involontariamente a eletto. E io così ci sto bene. Grazie.