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uscendo dalla val setus (sella) |
Il 21 Dicembre dell’anno precedente inizia l’inverno se sei
già oltre il 31 di quello stesso mese di quello stesso anno. Solo 10 giorni se
ne stanno nell’anno scorso ma inizia a fare freddo a Novembre e il freddo
autunnale è il più penetrante perché l’aria è umida. Dicembre e Gennaio sono
quelli del gelo, dal sole basso e fugace, sulla neve che scricchiola sotto le
scarpe anche a sud. |
alpago (f. marco garbin)
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Quando l’inverno termina sul calendario, come è successo
oggi, gli uccelli cantano già da qualche giorno la mattina presto e nell’aria
c’è, per la prima volta di quell’anno, l’odore del bosco che prima era
sincopato dal freddo che ne impediva l’espandersi. La primavera in montagna è
impercettibile e prepotente, a seconda dell’ora della giornata. Il freddo
intenso dell’alba lascia velocemente spazio al tepore infuso da un sole che si
alza alto nel cielo descrivendo una parabola che ogni anno sembra sempre più
ampia.E’ la nostra voglia di calore che ce la fa vivere così, perché in realtà
la parabola e sempre la stessa.
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alpago (f. marco garbin) |
In quella ci insinuiamo con i nostri sci, per salire e
scendere dalle montagne. Un sottile gioco del calcolo di esposizione, orario,
pendenza e della nostra velocità, complica piacevolmente le cose. Lo
scialpinismo, attività alpinistica primaverile per eccellenza, è l’
interpretazione di una natura in veloce metamorfosi giornaliera. Se la si sa
interpretare si può parlare di una certa sicurezza nel percorrere le montagne,
perché le valanghe se ne stanno ferme nel gelo e semmai si mettono in moto
nelle ore più calde. Nel freddo dell’inverno nessuno sa con la stessa esattezza
cosa succede all’interno del manto nevoso. Non si può mai essere sicuri di un
bel niente.
Il più grande dei pericoli della montagna innevata si può in primavera gestire
con regole elementari, ma che non sono così semplici. Contraddizioni apparenti
che rendono questa attività molto artistica e piacevole, a patto di essersi
preparati a fondo e considerare come pilastri i segnali che la natura stessa ci
invia continuamente, lasciando in secondo luogo ogni altro impegno con la vita,
perché in montagna con gli sci bisogna vivere, non morire. Già, ma cosa
significa tutto ciò?
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monte sief-col di lana (f. michele barbiero) |
Una guida alpina normalmente deve gestire un’escursione
mediando tra capacità e gusti del cliente, ora a cui l’hotel serve la colazione,
distanza eventuale in auto da percorrere, tempi di preparazione pre-partenza,
dimestichezza con l’attrezzatura e umore di quest’ultimo. E nel frattempo là
fuori e lassù la neve fonde, gela, slitta, si contorce nei movimenti della
distruzione del cristallo influenzati da milioni di fattori di cui noi
“esperti” ne conosciamo si e no una decina. Ce n’è di strada da fare, anche
oggi con l’aiuto della tecnologia, ma ancor più davanti alle punte dei nostri
sci, nella costante tensione dell’agire, riuscire, soddisfarsi, impegnarsi
quanto si può e tornare a valle incolumi e magari col sorriso.
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verso la tofana di rozes (f. marco garbin) |
Tutto questo, così come l’ho descritto, non è accaduto
quest’inverno, il primo del 2021. Il motivo è stato quello della mancanza di
lavoro da guida. Ma ogni cosa ha un risvolto positivo, anzi, sovente più d’uno.
Le montagne senza gente, la tanta neve di questa stagione e gli amici.
Si, gli amici. I miei sono quasi tutti guide come me o comunque sono persone
che non hanno un lavoro di routine e quindi possono gestirsi il tempo in
funzione di quanto ho detto prima, nella fattispecie, nei confronti della neve.
Quindi sono state innumerevoli le gite sci alpinistiche fatte tra amici come
raramente accadeva e con la possibilità di farlo praticamente ogni giorno di
bel tempo. E’ così piacevole che mi verrebbe da sperare che non si torni più
alla normalità di prima del Covid, ma pensando a tutto quello che questa
pandemia comporta di negativo, in fondo, e per rispetto a chi soffre più di me,
mi auguro che questa situazione finisca. Però ci ha dato modo di poterci
frequentare a fondo e pure di fare una selezione, creando piccoli nuclei di
gente che va d’accordo anche se le discussioni animate non mancano mai.
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giorgio manica su stratos -sas dlacia/val badia |
Tutte le volte che incontravo un collega era perché si
andava in versi opposti e quindi, con il cliente che freme per proseguire,
avevi poco tempo per scambiarti quei pareri che poi sono le informazioni più
importanti sulle condizioni della montagna. Sembra una nenia ogni volta:
com’era la neve? C’era ghiaccio? A che ora siete scesi? Si riesce a passare da
lì? Quest’anno il ruscello è sotto la neve? E via così.
Le guide alpine si scambiano continuamente questi feedback allo scopo di
sapere. Sapere sempre di più sul proprio posto di lavoro come dei normali
lavoratori.
Ora queste discussioni hanno tempo di farsi e di elaborarsi con la giusta calma
e questo fa bene ai nostri animi.
Ringrazio i miei compagni di gita di questo primo inverno del 2021, sperando di
non dimenticarne qualcuno:
Marco, Michele, Isabel, Tommaso, Nicola, Clemente, Arturo,
Sandra, Marta, Deborah, Toni, Nadia, Luca G., Giorgio, Luca, Markino, Giovanni,
Arianna, Paddy, Kurt, Franz, Marco P., Nicola C., Drago Gagarin, Enrico,
Silvia, Norbert, Checco T.
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castelletto di tofana (f. marco garbin) |
Ci siamo! Gli impianti di risalita stavolta non hanno
chiuso, bensì non hanno mai aperto. Sono facce della stessa medaglia. Per
questo diverse. In molti hanno scoperto cose che mai avrebbero pensato
esistessero. Nel bene e nel male. Il mio punto di vita privilegiato tra Civetta,
Sella, Tofane e Marmolada mi fa sentire che indietro non si torna, almeno per
alcuni.
Oserei dire per molti.
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ramponi in tinta con la giacca su: spada di damocle-colfosco/val badia (f. michele barbiero) |
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ghiaccio cosmico sui miei pantaloni |
Mi sono sorpreso quando ho sentito dire da operatori locali che la strada su
cui eravamo prima della pandemia ci stava portando alla rovina morale
riempiendo le nostre tasche (le mie non tanto) e svuotando i nostri cuori.
Persone che lavoravano a testa bassa tutta la stagione invernale senza neppure
accorgersi che là fuori c’era il paradiso per l’anima. E ora l’hanno scoperto.
Alcuni stanno pensando che “dopo” arriveranno turisti nei cui occhi si
rifletterà anche la fatica felice e non solo il consumo di cose perché la
giostra su cui si era saliti lo imponeva.
Non voglio con queste mie parole deridere albergatori, impiantisti e negozianti
ma semmai accentuare quello che adesso è davanti agli occhi di tutti, ovvero
che il turismo di montagna può sopravvivere decrescendo e ristabilendo un
ordine naturale che si era perso da decenni. Le riconversioni non saranno
impossibili e molto probabilmente saranno obbligate. Cerco ovviamente di vedere quello che di buono ha portato la pandemia sulle
montagne dal punto di vista morale. Sono conscio che ci sono tutte le
implicazioni negative, ma contro quelle possiamo fare ben poco.
E non me la prendo neppure con il Governo, come invece fanno in tanti, perché è
facile criticare stando seduti al bar, quando resta aperto.
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patentesi sarda, clemente a monte oddeu |
Se pochi saggi illuminati predicavano, perlopiù inascoltati,
una frenata globale anche tra le vette alpine, ci siamo ritrovati da un momento
all’altro di fronte a qualcosa di più grosso di una guerra. Qualcosa provocata dalla
natura e la sua forza. Adattamento è il mantra necessario. Considerare la
natura un nemico porterebbe a risultati ancora più nefasti.
Cento anni fa la “spagnola” si diffondeva nelle trincee
della Grande Guerra uccidendo talvolta più dei cannoni e della follia dei
generali seduti in poltrona intenti a spostare confini sulle mappe. In qualche
modo l’umanità ce l’ha fatta ed è riuscita persino ad organizzarsi un’altra
guerra, neppure troppo tempo dopo.
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parentesi sarda, viaggio stupendo in treno da Pto.Torres a Olbia |
Dalle mie parti nelle trincee della prima guerra mondiale ci hanno costruito le
piste da sci. Nelle stagioni con poca neve basta spostarsi di poco da una pista
battuta per scorgere un filo spinato o un trave di larice inchiodato spuntare
dalle rocce. Che contrasto, mi sono sempre detto, quando vedo gli sciatori nei
loro vestiti sgargianti e dentro le loro protezioni, dal casco alle armature
paracolpi varie, aggirarsi intontiti dalla forza di gravità superata tramite
una macchina, laddove un secolo fa ci si uccideva l’un l’altro vestiti di lana
e impestati dai pidocchi. |
michele barbiero nella galleria di guerra nella cima fanis di mezzo |
Forse l’uomo, da buon predatore, deve sempre sentirsi in odore di attacco e
quindi deve anche difendersi. Ultimamente l’atmosfera sulle piste era un po’
così. Ma no, non voglio condannare un sistema bianco e sci- volatore nel quale
ho sguazzato anch’io in qualche modo. Mica vorrei vedere tutti fuoripista o con
le pelli di foca. Mio padre, a questo proposito e frenando il mio entusiasmo,
mi ha sempre ricordato che è una fortuna che gli appassionati di montagna non
siano poi così tanti, sennò sai che casino che ci sarebbe!?
Mi rendo conto di essere privilegiato perché vivo sul limitare del bosco in cui
posso andare sempre e poi sopra ci sono le montagne, quelle ripide e rocciose,
dove posso non sentirmi prigioniero dei dpcm e dove non incontro nessuno o
quasi.
In questa stagione ho ritrovato gli amici ai quali non potevo dedicare il tempo
che avrei voluto perché dovevo lavorare e riposarmi. E lo stesso è per loro. |
sala compressori sullivan nella galleria di guerra del castelletto |
La neve è abbondante e la stagione dello sci durerà ancora
mesi, fino ad accavallarsi con quella dell’arrampicata.
Ce ne stiamo quassù dove non ci sono cinema, musei e teatri,
che in città ora sono chiusi, a guardare e vivere la natura, senza sforzi che
non siano quelli necessari a fare salire gli sci con sotto le pelli di foca.
Per poi ritornare sulle nostre tracce quando si scende. Certo che siamo proprio degli
stupidi. O no?!
Le foto proseguono:
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pausa sarda, viaggio in treno da P.Torres a Olbia |
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paura su alfredo alfredo a monte oddeu |
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pausa sarda, de andrè vive |
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michele barbiero sulla cengia di guerra veronesi-fanis |
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michele barbiero giù dalla forc. del lago-fanis/scotoni |
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tofana di rozes da cima fanis di mezzo |
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discesa dalla cima fanis di mezzo |
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sotto il castelletto di tofana |
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campionessa e tofana di rozes (f.michele barbiero) |
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incerto mattino (cit. alessandro gogna) |
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Salve Piemonte (f. daniele magnini) |
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checco tremolada su la varella/val badia |
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norbert frenademez sopra casa (la varella/val badia) |
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gita familiare a monte castello: arturo, sandra, Isabel e marta arrancano |
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mio figlio tommaso e il suo cane drago gagarin nel vallon bianco |
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mia figlia Isabel mi segue lungo l'alpe di fanes grande/val badia |
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giù da la varella west (f.checco tremolada) |
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marta giù dal bosco di monte sief a pochi metri da casa |
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franz salvaterra sanguina sulla cima brenta |
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via che non c'è (var.di destra) a cima brenta (f. franz salvaterra) |
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col mio socio giovane franz salvaterra sulla cima brenta |
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con michele barbiero |
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verso forc.nord di croda rossa d'ampezzo, val de montejela |
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con norbert frenademetz verso la varella (f. michele barbiero) |
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mia figlia Isabel sulla scala del minighel in tofana (val travenanzes) |
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la sostenibile leggerezza dello scialpinista, val franzedas/marmolada |
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Sandra e Isabel si distraggono al cospetto della tofana di rozes/monte castello |
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giù dalla cima loschiusuoi (f., toni bettella) |
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con michele barbiero e marco garbin sulla cima del taè/val di fanes |
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Croda Negra. f. Michele Barbiero
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Croda Negra, canale nord sotto la cima f. Michele Barbiero
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Sas de Duram, Checco Tremolada fotografato da Marco Garbin
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Canale di Forc. Grande di Fanis f. D.Compagnoni
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l'Averau dalla Croda Negra f. Michele Barbiero
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Vento nel Vallone di Antruiles
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Tofana di Rozes
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Le Tofane dalla Tofana di Rozes
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Michele, Norbert e Deborah giù dal Sas de Duram
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Michele Barbiero in Marmolada |
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Tofana di Rozes di nuovo, con Marta |
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Marta giù dalla Tofana di Rozes |
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con Marta su per la Tofana di Rozes |
in bilico, come nella vita di tutti i giorni (Taè)