Hervé Gourdel, Guida di Montagna delle Alpi Marittime |
Quante volte mi è capitato, di sentirmi ed essere, esploratore in posti per me nuovi, remoti oppure no, per quell'inguaribile sete di destinazioni insolite e attraenti da poter proporre a eventuali clienti.
A chi non è guida di montagna può apparire freddo e commerciale questo ragionare, ma alla base ci sta una passione fortissima che, e scusatemi la prepotenza, solo una guida di montagna può capire.
Per questo la morte di Hervé mi ha colpito particolarmente.
Non lo conoscevo di persona ma ne avevo sentito parlare, e l'altra "prepotenza" è che nel vedere le sue foto su internet, mi sono riconosciuto come guida nelle sue espressioni, posizioni e movimenti. Si, perché le foto mostrano anche certi movimenti, a chi li sa vedere.
Insomma, noi guide di montagna siamo un po' tutti uguali per certi versi, e lo dico con l'orgoglio che sento e che mai ho avuto in vita mia.
Questo episodio tragico me lo ha fatto venir fuori inaspettatamente, perché non sono mai stato orgoglioso di niente.
Poi ci sarà anche il fatto che era nato a Nizza, sul mare e poco distante da Genova, dove sono nato io, e che faceva la guida sulle Alpi.
Non ho una gran vista, uso gli occhiali ma non per scalare, e qualche giorno fa su una via vicino a casa c'era un'altra cordata che riuscivo a vedere appena perché era molto più bassa di noi. Non distinguevo granché ma vedevo con esattezza che il capocordata era una guida da come si muoveva, e l'avrei riconosciuto anche se fosse stato più lontano e io più orbo.
Nelle foto che ritraggono il povero Hervé ci sono infiniti dettagli che mi fanno sentire profondamente somigliante proprio per queste caratteristiche comuni di prima.
Chi fa il nostro mestiere vagando per montagne di paesi lontani è una persona necessariamente pacifica e predisposta a comprendere l'altro maggiormente di chi magari esercita la professione sulle montagne di casa e poi vota per la Lega (ogni riferimento a persone reali è puramente casuale e l'esempio mi serve solo per andare velocemente al succo del discorso), quindi mi immagino la sorpresa di Hervé quando avrà capito che non c'era più via d'uscita.
A me al massino è successo di essere fermato dai ribelli maoisti del Nepal, armati fino ai denti, ma chiaramente mossi da intenzioni tutt'altro che violente in quell'occasione, per fortuna! E capisco il disagio, ma anche la certezza di farcela usando la propria diplomazia esercitata dalla vita vissuta, in tali situazioni.
Hervé non ce l'ha fatta ed ha purtroppo fatto la fine degli altri malcapitati che lo hanno preceduto in questa folle azione violenta religiosa e irredentista, secondo me sconclusionata e che genera altra inutile violenza.
Il fatto che fosse una guida di montagna (in Francia si chiama così la Guida Alpina) non fa cambiare la tragicità dell'accaduto, ma a me, che sono come lui guida, fa pensare istintivamente a quanto la nostra presenza sulla terra sia precaria e che i pericoli dell'alpinismo tanto acclamati, quando non minacciati, siano solo parte di una relatività inutile che gioca con tempi, luoghi e persone, per noi mortali imprevedibili.
Caro Collega, ti scrivo dallo stesso tuo "ufficio" senza tetto né scrivanie, che siamo tutti eroi perché non ci pieghiamo al sistema e crediamo nella pace, ma proprio perché il nostro ufficio non ha nessun tetto quando cade qualcosa da sopra ci può arrivare sulla testa. E il sasso che ti ha colpito non è caduto accidentalmente da una cengia, ma lo ha scagliato uno come noi che forse non ha trovato la sua "montagna" per sentirsi libero, sereno e quindi in pace. Questa è la cosa triste.