mercoledì 29 febbraio 2012

CAMMINARE... altro che balle!


Appena ho letto questa storia ho pensato che in un sito dove si parla di trekking, ci sarebbe stata bene, eccola

PAOLO RUMIZ: UN PIATTO DI MINESTRA IN CAMBIO DI UNA STORIA


(La Repubblica 9 giugno 2012)
Il Paese è in fregola. Ha voglia di andare. Troppo a lungo ricurva è stata la sua schiena, troppo umili e chine le sue teste. Una volta esistevano i frontali tra automobili, oggi abbiamo i frontali fra persone armate di cellulare. In treno, troppa gente guarda un display anziché il paesaggio che scorre al finestrino. Si comincia già da bambini e usare il pollice su un touch screen, invece che ascoltare una fiaba che dice “cammina”. È la degenerazione della specie. Il ritorno alla scimmia. È ora di dire basta. Le scarpe vendicatrici ritornano! Non quelle per apparire, ma quelle per masticare chilometri, battere il tamburo della terra, sentirne la voce oscura, scollinare, guardare lontano, respirare profondo come una prateria col maestrale. È un segno rivoluzionario, perché il Potere, lo stesso che ci ha resi pronti all’opportunismo e al baciamano, ci vorrebbe ancora più chini. Il Potere sa che l’uomo immobile non sogna, non canta e non legge più, diventa piatto e sottomesso, e questo è esattamente ciò che vuole da lui, per meglio derubarlo di ciò che Dio gli ha dato gratuitamente, e rifilargli poi cose inutili a pagamento.
Chi cammina invece fa la rivoluzione perché capisce l’imbroglio, parla con gli altri uomini, li aiuta a reagire e a indignarsi contro questa indecorosa rapina. Il solo fatto di mettere un piede
davanti all’altro, di questi tempi, è una dichiarazione di guerra alla civiltà dello spreco. Ai padroni dell’economia non piace che l’uomo si muova con le sue gambe, perché sanno che l’uomo che si alza e cammina è una persona pensante, critica, che si guarda attorno, controlla il territorio, incontra le persone e sa far rete con i suoi simili. Lo so come mi guarda la gente se cammino bene. Gli occhi dei passanti dicono: ma chi è quell’uomo che se ne va così eretto e regolare? Sarà certamente un uomo felice, padrone del tempo. Un uomo col sacco pieno di storie, uno che sa raccontare. E allora si avvicinano e mi parlano. Sanno in anticipo che sarò capace di narrare, perché chi cammina racconta meglio. È bastata la mia andatura ad avvicinarli, come un’esca.
Viandanza vuol dire narrazione, a tutti gli effetti. Il passo, unito al battito del cuore e al respiro, diventa ritmo, quindi metrica, quindi dà una cadenza superiore — poetica — al tuo parlare. È viandando che vengono le folgorazioni, le immagini e le metafore che fanno speciale la tua storia. È camminando che si miscelano i pensieri in modo più originale. “Errabondo”, si dice di chi ama perdersi per le strade del mondo. Ma poiché colui che erra è anche una persona che narra, allora possiamo inventare una parola nuova, “narrabondo”. È il mio sogno, lo stesso dei “clerici vagantes”: un piatto di minestra in cambio di una storia. Di villaggio in villaggio. E un giorno ci riuscirò.